domenica 25 settembre 2022

La route des grandes Alpes

 

La Route des Grandes Alpes



 


 

Sognavo da molti anni questo itinerario in moto, non trovando compagni motociclisti  propongo l’avventura in automobile a Daniele, Fermo e Silvano. Sia Silvano (fascite al piede) che Fermo (malesseri vari) danno forfait, per cui io e Daniele, con il beneplacito delle nostre mogli, decidiamo di intraprendere questa autentica “zingarata alla amici miei”.



Lunedì 19 settembre 2022 parto da casa, passo a prendere Daniele a Legnano e imbocchiamo l’autostrada ad Arluno. Strada scorrevole e arriviamo verso l’una a Sanremo. Facciamo benzina, parcheggiamo al porto vecchio e pranziamo con una pizza ed un calzone “Da Nando”. Due passi sul porto e poi andiamo a casa di Daniele e mettiamo l’auto nel suo garage. L’appartamento al sesto e ultimo piano del palazzo è ben curato e gode di una bella terrazza. Prepariamo i letti e dopo una passeggiata alla ricerca di una brugola e un tentativo di riparazione della porta che dà sul terrazzo arriva l’ora di cena. Passiamo dal ristorante Mediterraneo dove Daniele è ben conosciuto dai gestori e ci affidiamo ai loro consigli. Piatti eccellenti e abbondanti di pesce, facciamo quattro passi nel bel centro città e infine andiamo a dormire.

Martedì 20 dopo colazione verso le 10 chiudiamo casa e partiamo per la Francia usciamo a Mentone  e puntiamo decisamente verso nord, lungo la strada D2566, e in breve  passiamo il Col de Castillon ( 728 m ), che segna l’ingresso nello splendido Parco Naturale del Mercantour e passiamo l’abitato di Sospel, un piccolo e tranquillo borgo medievale celebre per il suo “Ponte vecchio”, un ponte fortificato del XIII secolo. Proseguiamo per il Col de Turini ( 1604 m ) davvero piacevole da guidare, con i suoi 40 km di lunghezza e ben 44 tornanti “a grappolo” lungo il percorso. Ci fermiamo all’ “Hotel des trois vallées” in compagnia di ciclisti, camperisti e motociclisti e pranziamo (milanese io, trota Daniele conditi con spaghetti e patatine.)


La strada che scende dal Col de Turini è tortuosa e  ripida, a valle passiamo il delizioso villaggio di La Bollène-Vésubie, stazione climatica, proseguiamo verso Saint-Martin-Vésubie ( 928 m ) nel cuore del Parco Nazionale del Mercantour. In valle sono ancora visibili le devastazioni causate dalla catastrofica alluvione del 3 ottobre 2020 e sono in corso i lavori di ripristino degli argini.



 Siamo pronti per affrontare un nuovo passo, il Col Saint-Martin ( 1550 m ), per la verità non particolarmente impegnativo. In cima si trova la stazione di sport estivi ed invernali della Colmiane. La strada M30 che conduce al Col de la Cuillole ( 1678 m ) è piuttosto stretta nel suo tratto iniziale e attraversa panorami mozzafiato.


 

Il colle unisce Saint-Sauveur sur Tinée alle gole del Cians e di Daluis che si raggiungono passando dal villaggio di Beuil. Il villaggio medievale di Roubion merita sicuramente una sosta.


  Roubion

Proseguendo lungo la D28 la salita al Col de Valberg ( 1672 m ) è morbida con pendenza massima del 4%. Valberg è una stazione sciistica costruita tra boschi di larici e pascoli. Da Valberg la D28 scende per 13 chilometri con una pendenza media del 7%, con qualche tornante fino all’abitato di Guillaumes, situato nel cuore della Riserva Naturale delle Gorges Rouges du Cians et de Daluis, meglio conosciuta come il “piccolo Colorado della Provenza”.  Ecco Il col De la Cayolle (2326 m) che fa da naturale spartiacque tra il dipartimento francese delle Alpi Marittime e quello dell’Alta Provenza. Saliamo il versante sud partendo da St-Martin-d’Entraunes (1043 m ) Sono circa 21 chilometri di strada spettacolare con una pendenza media del 6.5% che risale la Valle del Var, rientrando nel Parco del Mercantour.


Scendiamo il versante nord, con una lunga discesa ( una delle più lunghe delle Alpi, ben 30 chilometri ! ) che presenta dunque una pendenza media molto dolce pari al 4.5% . Si raggiunge Barcellonette ( 1136 m ), situata al centro della Valle dell’Ubaye, e a soli 32 chilometri dal confine con l’Italia. Andiamo alla ricerca di un alloggio ma dopo vari tentativi, la risposta era “complet messieurs” finalmente troviamo una bella sistemazione all’Hotel Azteca in pieno centro, una camera con mansarda perfetta per dormire in due senza disturbarsi. Ci consigliano il bistrot vicino anche perché i locali alle nove di sera chiudono la cucina. Ordino una bella insalata niçoise con una buona birra. Nell’uscire  Daniele non vede il gradino e vola rovinosamente sul pavimento. Facciamo un giro nelle strade del centro senza incontrare anima viva e poi andiamo a dormire.


 Tramonto dalla camera dell’hotel Azteca a Barcellonette

Mercoledì 21-  alle 8,30 ottima prima colazione abbondante e proseguendo verso nord, lungo la D902 si sale verso il Colle di Vars ( 2108 m ), una delle mete classiche del Tour de France e del Giro d’Italia. Stiamo attraversando le Alpi Cozie francesi e il colle congiunge la Valle dell’Ubaye con la valle di Briançon.  Salendo dal versante sud subito dopo l’abitato di La Condamine-Châtelard si può ammirare l’imponente Fort de Tournoux, splendido esempio di architettura militare di metà ‘800 arroccato su una falesia di 300 metri a strapiombo sulla strada. La vera salita al Col de Vars comincia dall’abitato di St-Paul-sur-Ubaye e per circa otto chilometri la pendenza media sarà dell’8%, con alcuni strappi superiori al 10%. La strada D902 passa dall’abitato di Guillestre e attraversa le spettacolari Gorges du Guil. E’ un tratto stretto che va percorso con molta attenzione a strapiombo per centinaia di metri sulle acque tumultuose del fiume Guil. Tagliata nella roccia nei primi chilometri e con quattro stretti tunnel di pietra è sicuramente una strada mozzafiato e unico accesso da sud al  Col d’Izoard ( 2360 m ) che è stato spesso protagonista del Tour de France e in qualche occasione anche del Giro d’Italia. Fausto Coppi detiene lo scettro di unico ciclista ad essere giunto per primo in cima al colle sia nel Giro d’Italia che e nel Tour de France ( entrambi nel 1949 ) A lui è dedicata una targa in cima al colle. Poco più a valle del colle dell’Izoard, a quota 2280 m si incontra uno dei quattro Refuge Napoléon, costruiti da Napoleone III a ricordo dell’aiuto dei valligiani a Napoleone I nel rientro dall’esilio all’Elba.


         
           Col de l'Izoard                                                                     Refuge Napoleon

                                                       

Scendendo lungo il versante nord per 19 chilometri, con una pendenza media del 6.5% ma con tratti ripidi tra l’8% e il 9% raggiungiamo Briançon. Problemino per fare benzina, il mio bancomat non viene letto e dobbiamo usare la visa di Daniele. Ci fermiamo a pranzo vicino alla fortezza che domina la città al piccolo bistrot “Cote Jardin” gestito da una coppia gentile. Provo la specialità del luogo “l’oreille de l’ane” una fonduta con erbe al gratin.

                                                                    Briançon

Riprendiamo la strada D1091 per il Col del Lautaret ( 2057 m ) che corre veloce e in salita progressiva, con una pendenza media del 3%. Si tratta forse di una delle salite meno impegnative di tutto il percorso. Costeggiamo lo splendido Parc National Des Écrins, con viste memorabili.

La successiva salita al Col du Galibier (2642 m)   è una delle ascensioni più famose delle Alpi. Situato a cavallo dei dipartimenti francesi di Savoia e delle Hautes-Alpes, è il quarto colle più alto delle Alpi francesi.

A 2301 metri di altitudine si incontra il monumento al ciclista Marco Pantani nel punto in cui, il 27 luglio 1998, il Pirata firmò una delle imprese che l’hanno consegnato alla storia dello sport mondiale, vincendo il Tour De France, dopo aver conquistato anche il Giro d’Italia

In vetta ci fermiamo in prossimità del monumento dedicato ad Henri-Desgrange, grande campione ciclistico e promotore del Tour de France nel 1903.

                                                             Col de Galibier

Ancora una volta la discesa nella valle della Maurienne è ripida, con una pendenza media del 7% per 18 chilometri di sviluppo con molti tratti che mettono alla prova i freni per le pendenze intorno all’8%-9% ! la strada conduce a Valloire, deliziosa località situata nel cuore della Vallée d’Or.Il villaggio offre numerosi alberghi e ristoranti, negozi di abbigliamento sportivo e ritrovi. Una curiosita’ particolare sono le sculture giganti realizzate con la paglia che ogni anno radunano artisti di tutto il mondo.

Riprendiamo la salita al Col du Télégraphe ( 1566 m ) dal versante sud presenta una difficoltà ridicola coi i suoi 163m di dislivello e una pendenza media del 3.5% rispetto al versante nord di discesa con 851 metri di dislivello e una pendenza media del 7%

Il passo collega la città di Valloire con Saint-Michel-de-Maurienne, teatro di un gravissimo incidente ferroviario nel 1917.

La strada ripida che scende dal versante nord è decisamente più monotona e meno interessante e attraversa abitati di scarso interesse e anche a Modane si passa la periferia industriale.

Proseguendo lungo la D1600, dopo Modane il panorama migliora decisamente e poco dopo, costeggiando il fiume Arc, si raggiungono gli spettacolari Forti de L’Esseillon. I forti sono cinque e sono stati costruiti tra il 1819 e il 1834 dai Savoia per proteggere l’accesso al colle del Moncenisio. Furono progettati in maniera da potersi difendere uno con l’altro grazie al fuoco incrociato, fornendo riparo ad oltre 10.000 uomini. Oggi i forti  ospitano musei, bar e ristoranti.

                                                                Forts de l'Esseillon

La strada D1600 prosegue in direzione Nord-Est oltrepassando il bivio per
il Moncenisio, aprendosi in una vallata meravigliosa. Passiamo Bessans e Villarons, due centri di fondo che ospitano anche piste estive per roller-sky e in breve raggiungiamo l’abitato di Bonneval-sur-Arc, classificato come uno dei più belli di Francia, grazie ai suoi edifici in pietra perfettamente conservati che testimoniano la vita di un tempo.

Appena usciti dal paese, la strada comincia a salire ripida con tratti di pendenza intorno all’8-9% Siamo diretti alla cima del Col de L’Iseran ( 2770 m ), attraversando il Parc National de la Vanoise e da qui la vista del panorama circostante lascia nuovamente a bocca aperta.

 


Questa strada asfaltata è stata inaugurata il 10 luglio 1937, dopo anni di lavori e rappresenta secondo alcune fonti il valico stradale più alto d’Europa aperto solo da giugno a settembre. Sul colle è possibile sostare nell’ampio parcheggio di fianco alla cappella dell’Iseran, ci sono 10 gradi e un forte vento gelido. Sedici chilometri e mille metri più a valle, con una pendenza media del 6%, incontriamo l’abitato di Val-d’Isère, che fa parte insieme a Tignes di una importantissima area montana a vocazione turistica e sportiva denominata Espace Killy e che ospita regolarmente competizioni sciistiche. Si prosegue lungo la D902 verso Bourg-Saint-Maurice, dove in passato si sono svolte tre edizioni dei Campionati mondiali di canoa/kayak: nel 1969, 1987 e 2002. Nel suo territorio si trova l’importante stazione sciistica di Les Arcs. Dopo una breve consultazione decidiamo di fermarci a dormire in un hotel che a prima vista sembra poco invitante, invece al “Base Camp Lodge” troviamo due ottime camere, il garage per l’auto e una accoglienza professionale. Dopo una bella doccia, usciamo alla ricerca di un ristorante, Ne troviamo tre tutti chiusi per cui torniamo al bistrot dell’hotel dove facciamo una cena soddisfacente, un gigantesco tagliere di affettati e formaggi per me e una buona pizza per Daniele. Le camere sono silenziose, mi affaccio alla finestra e nel cielo nero brillano come diamanti  le stelle.




Giovedì 22 - Ottima colazione e ripartiamo per il Cormet de Roselend (1967 m) Il vocabolo “Cormet” in lingua franco provenzale ( patois ) significa Colle. E sicuramente questo è uno dei più bei colli alpini attraversato dalla Route des grandes Alpes che introduce al Lago di Roselend. Arriviamo alla diga e un cartello proibisce il sorvolo con il drone, per cui torniamo sulla strada di accesso e finalmente apro il mio drone e mi diverto a farlo volare sul lago. 



Scendiamo a valle, numerosi tornanti attraversano una folta pineta e ci conducono alla graziosa località di Beaufort famosa per l’omonimo  formaggio.

Sedici chilometri ci separano dal Col de Saisies ( 1658 m ) con una pendenza media del 6% ma con alcuni strappi al 7%-8%. Il Colle ospita un’importante stazione sciistica parte del comprensorio sciistico Espace Diamant. Seguendo la D909 raggiungiamo il Col de Aravis ( 1486 m ) che separa i dipartimenti francesi della Savoia e dell’Alta Savoia.

La strada D909 prosegue poi verso La Clusaz, stazione sciistica dove si pratica sia lo sci alpino che lo sci nordico. Attraversiamo il villaggio di montagna chiamato Le Grand Bornand, meta ideale nei weekend per gli abitanti di Ginevra da cui dista solo un’ora di macchina. Siamo nel cuore del massiccio degli Aravis.

Saliamo il versante sud-ovest del Col de la Colombière ( 1613 m ) per dodici chilometri, con una pendenza media del 6%, non troppo impegnativa dunque. In breve si raggiunge il valico dove ci fermiamo nell’ottimo e grande rifugio-ristorante. Ottimo pranzo dove mi viene servita una tartare con tutte le salse e il tuorlo d’uovo ed una birra freschissima.



A questo punto dopo un breve consulto decidiamo di non proseguire per l’ultimo colle, il Col des Gets (1170m),  l’ultimo colle della Route des Grandes Alpes e di abbandonare l’idea di tornare sui nostri passi e fare il piccolo San Bernardo fino a La Thuile in Italia. Perciò prendiamo l’autostrada verso Chamonix e il tunnel del Monte Bianco molto più vicino. Lo passiamo felicemente dopo una breve attesa e scendiamo ad Aosta dove facciamo rifornimento. Alle 18 dopo essere usciti a Mesero, siamo a Legnano. Per arrivare infine a casa alle 19,45.

La  GLA Mercedes ibrida plug-in, ottima compagna di viaggio: 640 Km di autostrade e 680 Km di valichi alpini, una bella zingarata di quattro giorni per la modica spesa di € 559 cadauno!

Avanti Savoia!





martedì 16 agosto 2022

HERZEN - Di chi è la colpa?

Alexandre Herzen
(Mosca 1812 - Parigi 1870)

Da: Il passato ed i pensieri 

"Quanto è adatto il cuore umano a provare la felicità, la gioia, se solo la gente sapesse arrendersi a tali sensazioni senza lasciarsi distrarre dalle inezie! Il presente è di solito turbato dall'agitazione esteriore, da vane preoccupazioni, da un'irritabilità bisbetica, da tutto questo ciarpame insomma, che a metà della vita è accumulato dalla vanità e dalla stolta organizzazione delle nostre abitudini. Sprechiamo, ci lasciamo sfuggire i momenti migliori della vita quasi ne fosse inesauribile la provvista."







martedì 3 maggio 2022

Ciao Catherine




Catherine Spaak, mi è sempre piaciuta!. Nei personaggi che ha interpretato negli anni sessanta da Dolci Inganni di Lattuada a La voglia matta di Salce e via via con Il Sorpasso, La noia; ma anche  con la commediola estiva di Diciottenni al sole,  e tanti altri film del cinema italiano è stata un modello per la mia generazione. Disinibita, indipendente, allegra, è stata l'icona della nostra giovinezza e il nuovo ideale femminile, una bellezza acerba che si contrapponeva alle imperanti supermaggiorate delle generazioni precedenti.

                                           

 E' stata l'interprete con Françoise Hardy  della versione italiana di Tous le garçons e le filles, la canzone che nella sua semplicità toccava poeticamente i nostri sentimenti di sedicenni alla ricerca dei primi amori.

                                                  

Anche il suo modo di affrontare l'amore è controcorrente:  si innamora di Fabrizio Capucci e resta incinta, lo sposa  e quando si separa da lui è costretta a lasciare la piccola Sabrina alla famiglia del marito perchè secondo il giudice '' facendo l'attrice non dà garanzia di moralità''.  Oggi i valori socialmente condivisi sono completamente ribaltati grazie alla voglia di libertà  della nostra generazione, la prima a voler rompere gli schemi della società autoritaria e repressiva degli anni cinquanta, sotto lo sguardo preoccupato ma complice dei nostri genitori reduci da guerra e dittatura.



Probabilmente l'immersione in una dimensione già europea della cultura francese con  la Nouvelle Vague nel cinema, Jacques Prevert nella poesia, Sartre con l'esistenzialismo e tutti gli altri intellettuali hanno avuto un grande influsso su di noi, così come l'apertura alla letteratura anglosassone e al cinema americano che anche con i suoi film più impegnati  ha aiutato la nostra generazione a elaborare nuovi valori  modernizzando la società italiana. 

                                     

 Catherine ha poi seguito nella varie stagioni della vita la ricerca del proprio equilibrio per arrivare dopo vari matrimoni e legami a dichiarare di sentirsi finalmente bene con sé stessa e serena con la propria vita.

Buon viaggio e grazie Catherine!


 


martedì 5 aprile 2022

La guerra e il progresso

 

foto ANSA


    Ricordo un tema alle superiori che aveva per oggetto la pace come necessità per il progresso della civiltà e che io  avevo svolto al contrario rivendicando alle guerre nei secoli le più grandi accelerazioni della scienza e della tecnica come la scoperta dell'energia atomica con relativa bomba. Ovviamente l'insegnante ha giudicato il mio elaborato 'fuori tema' e non classificabile malgrado la mia convinzione di non essere il solo a sostenere questa tesi.

    All'origine c'è Eraclito, filosofo greco capace di dire bruttissime e sibilline verità. Infatti uno dei suoi aforismi più noti recita: «La guerra è madre di tutte le cose». E' innegabile che, pur senza arrivare alla guerra «sola igiene del Mondo» di Filippo Tommaso Marinetti, molti degli sviluppi tecnologici e sociali che hanno portato al nostro relativamente pacifico presente sono figli del conflitto o almeno del suo superamento. Giusto per fare un esempio: l'idea di tolleranza religiosa, così giustamente cara all'Europa, è figlia della Guerra dei trent'anni (1618-1648). E poi ci sono gli sviluppi tecnologici. È un'ovvietà ma senza le V1 e le V2 che hanno martoriato Londra, prima, e il clima di tensione della Guerra fredda, poi, l'uomo sulla Luna ci sarebbe andato molto più tardi. Come l'utilizzo e lo sviluppo degli anestetici, a partire dalla morfina, e di moltissimi prodotti chimici, è stato direttamente legato allo sforzo bellico. Ian Morris studioso britannico che nel suo nuovo libro : War! What Is It Good For? Conflict and the Progress of Civilization from Primates to Robots  - ha illustrato tutti i benefici dei conflitti sul lungo periodo. Senza falsi buonismi. «La storia dimostra che la guerra non è così male come la sua alternativa, l'anarchia della violenza come stato normale». Partendo da lontano ha evidenziato che, a dispetto delle apparenze, il numero di morti, percentualmente parlando, nelle guerre degli ultimi 10mila anni, è diminuito in maniera impressionante. Nel libro spiega che le guerre del secolo scorso «hanno ucciso da 100 a 200 milioni di persone, un numero orribile, ma i morti corrispondevano all'1% o al 2% della popolazione mondiale. Nell'età della pietra a morire per mano di un altro uomo è stato tra il 10% ed il 20% della popolazione. Nel 1250 un europeo occidentale su 100 era destinato a morire di morte violenta, ai tempi di Shakespeare uno su 300, nel 1950 uno su 3mila». Insomma la guerra contemporanea è sporca e colpisce moltissimo i civili, ma non è un vero freno allo sviluppo, nemmeno demograficamente parlando. Così Morris partendo dal successo dei romani - «durante le loro guerre di espansione hanno ucciso oltre 10 milioni di persone, con altri milioni finiti in schiavitù» - sostiene che un conflitto è molto meglio dell'anarchia o dell'instabilità sociale prolungata. La guerra gli appare «un male necessario e minore, anche se indiscutibilmente terribile, nel processo di civilizzazione. Noi siamo dei killer e l'unica cosa in grado di tenere a freno l'animale feroce dentro di noi è la minaccia di una punizione, ovvero la sconfitta in guerra». Insomma, prende le parti del suo conterraneo Thomas Hobbes, l'inventore dell'immagine del Leviatano contro Rousseau: «Hobbes è andato più vicino alla verità di Jean-Jacques Rousseau, per il quale nel suo stato naturale l'uomo era un essere pacifico e senza brame. La tesi di Hobbes è meno romantica, il realismo può essere ripugnante, ma ci azzecca». Insomma sul lungo periodo della storia umana avrebbe ragione il generale prussiano Carl Von Clausewitz (1780-1831): «La guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi». E sin che c'è politica c'è sviluppo e non caos. E va da sé che Morris è uno storico e non un bellicoso sanguinario: la UE gli piace molto proprio perché è stata creata senza violenza. Ma da storico non si sente di negare che la guerra può essere una molla propulsiva potente.

 (Sintesi da Il Giornale.it. - Matteo Sacchi)

Contrariamente al millenario paradigma della guerra come acceleratore del progresso è sempre più evidente che lo spreco di risorse umane e materiali di ogni conflitto è oggi insostenibile per il nostro pianeta e per la sopravvivenza della nostra specie e deve essere sostituito da quello etico orientato all'armonia tra uomo e natura.

Nel mondo attuale anche ogni progresso nella scienza di base è frutto della stretta collaborazione tra le comunità scientifiche di tutti i paesi con  la messa in comune di progetti con grandi investimenti internazionali, come ad esempio il CERN di Ginevra o il progetto del reattore a fusione JET, la stazione spaziale internazionale ecc.

Allo stesso modo i progressi della scienza applicata sono innovazioni normalmente protette da brevetti e sfruttate commercialmente, ma con relativa facilità clonate e diffuse sui mercati globalizzati come ad esempio le tecnologie dei cellulari, delle reti informatiche e molto più virtuosamente i vaccini MRNA anti COVID.

Mio padre, nato nel 1920 e abituato a vedere una guerra scoppiare ogni 20 anni, reduce della seconda guerra mondiale, ci ammoniva a temere e a preparaci per la guerra successiva che avrebbe portato lutti carestie e rovine. Grazie al deterrente nucleare questo non è successo finora ma la guerra di aggressione e della Russia contro l'Ucraina è la dimostrazione della persistenza di logiche di potenza esercitate con la forza militare: evidentemente le distruzioni e le sofferenze delle due guerre mondiali del secolo scorso non hanno insegnato nulla ai governanti. A dispetto dei pacifisti da salotto il detto latino: Si vis pacem para bellum - Se vuoi la pace prepara la guerra è purtroppo ancora validissimo. La conseguenza della corsa alle armi è però il grande rischio che alla fine qualche dittatore pazzo, si convinca ad usarle con i risultati che vediamo.

 



 




domenica 13 marzo 2022

Per essere felici.....

 


Lucius Annaeus Seneca
(Corduba, 4 a.C. – Roma, 19 aprile 65)


Per essere felici bisogna eliminare due cose : 
il timore di un male futuro e il ricordo di un male passato
questo non ci riguarda più, quello non ci riguarda ancora.

„Non mancheranno mai motivi lieti o tristi di preoccupazione; 
la vita si caccerà da una faccenda in un'altra: 
il tempo libero non sarà mai una realtà, sarà sempre un sogno.“

„Di tempo non ne abbiamo poco, ne sprechiamo tanto.
 L'uomo grande non permette che gli si porti via neanche un minuto 
del tempo che gli appartiene.“

„Nessuno ti renderà gli anni, nessuno ti restituirà a te stesso;
 andrà il tempo della vita per la via intrapresa
 e non tornerà indietro né arresterà il suo corso,
non farà rumore, non darà segno della sua velocità 
 scorrerà in silenzio, non si allungherà per editto di Re
 o favore di popolo;
 correrà come è partito dal primo giorno,
 non farà mai fermate, mai soste.
 Che avverrà? 
tu sei affaccendato, la vita si affretta:
 e intanto sarà lì la morte,
 per la quale, tu voglia o no, devi aver tempo.“





domenica 27 febbraio 2022

E come potevamo noi cantare....

   



E come potevano noi cantare

con il piede straniero sopra il cuore,

fra i morti abbandonati nelle piazze

sull’erba dura di ghiaccio, al lamento

d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero

della madre che andava incontro al figlio

crocifisso sul palo del telegrafo?

Alle fronde dei salici, per voto,

anche le nostre cetre erano appese,

oscillavano lievi al triste vento.


                                                “Alle fronde dei salici”       Salvatore Quasimodo


Al partigiano  - Manzù - Bergamo












sabato 26 febbraio 2022

Ci sono cose da non fare MAI....



 Ci sono cose da fare ogni giorno:

lavarsi, studiare, giocare,
preparare la tavola
a mezzogiorno.

Ci sono cose da fare di notte:
chiudere gli occhi, dormire,
avere sogni da sognare,
orecchie per non sentire.

Ci sono cose da non fare mai,
né di giorno, né di notte,
né per mare, né per terra:
per esempio, la guerra.

Gianni Rodari





Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro

Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto

Ma nel cuore
nessuna croce manca

È il mio cuore
il paese più straziato.

Giuseppe Ungaretti (1916)