Anni 50 |
Che nostalgia la radio, quando era l'unica voce che ci teneva in contatto con il mondo e con la musica!
Rivedendo il film di Woody Allen "Radio days" sono tornato con la memoria ai tempi della radio ed in particolare alla tragica radiocronaca dell'affondamento dell'Andrea Doria il 26 luglio del 1956 quando avevo nove anni.
In casa avevamo un grande mobile in mogano con radio, giradischi a 78 giri e vano bar incorporato. Ricordo il rutilante mosaico di specchi che si illuminava all'apertura dello sportello, i bicchierini disposti su dei piccoli ripani laterali in vetro fumé e le bottiglie di Vecchia Romagna, Fernet e Marsala Florio all'uovo per gli ospiti. A fianco c'era il visore della radio con un punto verde luminoso che si accendeva e sul vetro illuminato scorreva verticalmente la barra delle lunghezze d'onda dove erano riportate le principali stazioni del mondo: Buenos Aires, New York, Il Cairo e perfino Sidney. Girando le manopole per me ogni volta era una grande emozione sentire il fischio della modulazione e tra i caratteristici rumori di fondo lontani annunciatori parlare lingue sconosciute. Ovviamente il mobile era nel salotto buono mentre noi vivevamo nella grande cucina intorno al tavolo da pranzo e potevamo sentire la radio solo per mezzo di un piccolo altoparlante appeso in alto nell'angolo sopra il camino. Prima di metterci a tavola ero incaricato da mio padre di accendere la radio e ricordo che dovevo mettere le pattine perchè il pavimento della sala era lucidato con la cera (Grey). A pranzo di solito ascoltavamo il Gazzettino Padano, che si presentava con il trillo dell'usignuolo. Quel giorno la voce inconfodibile dell'annunciatore con il tono grave delle tragedie ci descrisse in diretta l'affondamento del nostro più bel transatlantico: l'Andrea Doria tenendoci in sospeso fino alla fine sulle sorti del comandante Calamai, che voleva affondare con la sua nave e che solo all'ultimo momento fu convinto dai suoi ufficiali a scendere sulle scialuppe di salvataggio, facendo tirare a tutti un sospiro di sollievo. La tensione di quei momenti, la voce del cronista che ci faceva vivere intensamente un dramma che potevamo solo immaginare, la partecipazione intensa di tutto il mondo alla tragedia del mare, sono sensazioni che poi ho raramente percepito. Che differenza con le attuali telecronache di una televisione che tutto spettacolarizza e tutto banalizza, con la mediocrità dei commenti e delle domande dei giornalisti che non sanno far partecipe il pubblico agli eventi perchè loro stessi hanno perso ogni capacità di commuoversi veramente. E' anche vero che alla TV ormai è superfluo sentire la descrizione di ciò che è già evidente nelle immagini e fastidioso ascoltare dissertazioni su argomenti senza alcuna attinenza diretta con quanto compare sullo schermo. Sono più veri quei servizi senza il commento e senza le inquadrature insistenti del cronista in strada che chiede al primo passante le sue impressioni. Molte telecronache sembrano temini di italiano in prima liceo.
Fino all'assurdo di quella giornalista che per poter dare il senso della drammaticità di un incendio boschivo, si faceva riprendere davanti alle sterpaglie incendiate appositamente per lei dai vigili del fuoco.
Che figuraccia quando è stata scoperta! Che differenza con la personalità dei grandi giornalisti, che avevano maturato anche se giovani, esperienze di vita, idee e valori che trasmettevano autorevolmente ai propri ascoltatori.
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Andrea Doria la tragedia