giovedì 25 marzo 2010

Le bandiere dei nostri padri!

Bruno è un caro amico nonchè un simpaticissimo trentino di Arco che passati gli ottant'anni ha scritto un libro: "Eroi senza luce" dove racconta la sua odissea nella seconda guerra mondiale. E' un tipo svelto che va dritto al sodo e la sua scrittura rispecchia il suo carattere, scorrevole e precisa, mai noiosa o ridondante. In sintesi racconta di come, bersagliere motociclista, dopo il 25 luglio si trovi prigioniero di guerra e venga utilizzato come autista di camion dalla Wermacht. Agli ordini di un sergente bravissima persona, viaggia nelle zone di guerra dalla Yugoslavia a Montecassino fino a quando riesce a fuggire verso casa, ormai territorio del Reich dove viene arruolato nella polizia trentina con il grado di oberwachtmaster (sergente maggiore). In situazioni difficili più volte media con i partigiani tra i quali militano amici e conoscenti, per evitare conflitti sanguinosi ed inutili e per questo a fine '44, su delazione di un compaesano, viene arrestato dalla Gestapo, torturato e condannato a morte. Solo l'imminente fine della guerra e la liberazione gli permettono di sfuggire all'esecuzione e riacquistare la libertà. Ritrova poco dopo il delatore che però gli sfugge e si rifugia all'estero.

Una vicenda che mi ha riportato alla memoria i racconti di guerra di mio padre e dei miei zii. Papà, vent'anni, fante in Albania dopo un periodo dorato alla mensa ufficiali di Valona si fa spedire al fronte dove viene ferito e dopo il 25 luglio partecipa alla ritirata in armi verso l'Italia;  rimpatriato dalla flotta inglese finisce prigioniero in un campo di concentramento vicino a Bari. Si arruola volontario nel ricostituito Esercito Italiano combattendo a fianco degli alleati fino alla liberazione meritandosi una medaglia dell'esercito americano. Nel caos della guerra anche i suoi tre fratelli e gli amici più cari a volte su fronti avversi: chi con i partigiani, chi nascosto a casa, chi prigioniero in Germania con fughe rocambolesche rischiando in molti casi la fucilazione e chi inquadrato nei repubblichini di Salò.  Ma tutti con la stessa umanità, gli stessi valori e con lo stesso obiettivo: tornare a casa e finirla con le violenze e le uccisioni!
Alla fine della guerra,  dona con altri amici una pala d'altare alla chiesa parrocchiale per ringraziare il cielo del miracolo di ritrovarsi tutti sani e salvi. Tutti poi concordi nel preparare per le generazioni successive un futuro senza guerre...... dopo aver sofferto i disastri delle ideologie e delle utopie che li avevano travolti.
Ritengo di appartenere ad una generazione fortunata, nata subito dopo la guerra, che ha potuto fare propria la saggezza dei propri giovani padri e approfittare dello sviluppo economico e civile da loro creato con il duro lavoro. Ma se per certi versi la bandiera della democrazia e della tolleranza che è stata consegnata alla nostra generazione ha potuto sventolare solida, non egualmente siamo stati capaci di trasmettere pienamente ai nostri figli i valori della sobrietà e del rispetto per gli altri e purtroppo li abbiamo cresciuti nel segno dell'individualismo e del consumismo, come giustamente ricorda Bruno.