mercoledì 27 gennaio 2021

Viaggio in Russia



RUSSIA Finalmente!


La grande madre Russia, visitare i luoghi descritti nella grande letteratura da Tolstoj a Dostoevskij, dove hanno vissuto gli zar e i bolscevici, Nicola II, Lenin,  Stalin e ora Putin.
Ovviamente prima di partire riceviamo un bel po' di notizie e raccomandazioni pratiche dalla nostra agenzia di viaggio molto esperta che ci procura tutti i visti e permessi necessari. Siamo in otto: Giampietro e Rina, Gianni e Marisa, Renzo e Albertina , io e Mariella.
Elio e Maria purtroppo hanno dovuto rinunciare a causa dei postumi di una caduta rovinosa di Maria in casa pochi giorni prima della partenza.
Domenica 8 settembre 2019 ore 8,30 il pulmino passa a prenderci e ci porta a Malpensa da dove il nostro modernissimo aereo Aeroflot decolla alle 13,00 e atterra  in orario perfetto a San Pietroburgo alle 17,05 (ora locale). Ci attende la nostra guida Irina Lebedeva, una bella signora di cui apprezziamo subito la simpatia e il pragmatismo, che ci accompagna in città dove scendiamo all'hotel Mosca, 
Hotel Mosca a San Pietroburgo
grande struttura turistica in riva alla Neva e all'inizio della prospettiva Nevskj a un passo dalla metropolitana. Check-in veloce malgrado il continuo afflusso di nuovi arrivi, poi una passeggiata per i corridoi del nostro piano fino alle nostre ampie e confortevoli stanze. Scendiamo al ristorante e dopo aver capito come funziona il buffet ci scegliamo un bel tavolo defilato rispetto alla sala e ci organizziamo per una bella cena.
Poi usciamo a fare quattro passi, l'atmosfera è calda e si sta bene. La città è splendida questa notte, il fiume scorre sotto i ponti che di notte vengono alzati per far passare le navi. Nei giorni che seguono Irina ci porta ovunque in una città splendida e monumentale. Non a caso San Pietroburgo è la più europea delle città russe e il clima ancora tiepido, inusuale per la stagione avanzata,  ci rende indimenticabili le escursioni:
Hermitage: il vaso monolitico di diaspro verde

Puskin, la reggia di Caterina la grande con il parco disseminato di fiori e fontane, il favoloso Heritage con tutte le sue collezioni e le meraviglie incredibili che contiene, la mostra degli impressionisti nella parte dedicata all' arte moderna, ci sentiamo a casa. Visitiamo la reggia di Petrovoratz, cortile di Pietro il Grande sull'estuario della Neva, ricostruita dopo le distruzioni della seconda guerra mondiale. Passiamo accanto all'incrociatore Aurora che con il suo colpo di cannone ha dato il via definitivo alla presa del potere dei bolscevici di Lenin. Visitiamo sull'isola delle lepri la fortezza dei Santi Pietro e Paolo, con la magnifica cattedrale, la gatta Parolina che da 20 anni vigila sulla tomba dello Zar e i grandi giardini. Abbiamo pranzato in ottimi ristoranti come lo Yalta dove abbiamo gustato il bortsch  e una serie di piatti tipici. Siamo tutti contenti, salutiamo l'impareggiabile Irina che ci accompagna alla TAV. Tutto perfettamente organizzato e modernissimo ci porta  comodamente a Mosca compiendo il viaggio di oltre 620 chilometri  in 4 ore e 2 minuti esatti. Arriviamo in perfetto orario e ordinatamente usciamo sulla piazza delle 3 stazioni monumentali:
Hotel Vega a Mosca

Leningrado (la nostra che ha conservato il nome della regione), la stazione di Kazan e la  stazione Yaroslavsky della Transiberiana. Ogni stazione è nello stile della propria destinazione. Velocemente veniamo condotti al nostro Hotel Vega,un gruppo di grattacieli all'americana vicino ad un centro commerciale in stile villaggio della vecchia Russia e ad una stazione della metropolitana.
Al mattino veniamo portati allo storico monastero di Serghi Possad, luogo sacro alla storia russa. Lungo l'autostrada dobbiamo fare una lunga coda per un incidente. Al ritorno in città siamo andati a pranzo in un locale sotto un cavalcavia sul lungo fiume, all'uscita siamo rimasti intrappolati in un traffico caotico, fermi per oltre tre quarti d'ora ad una intersezione. Giornata che ci ha fatto toccare con mano il problema di Mosca, che come ogni metropoli soffoca nel caos automobilistico con oltre 5 milioni di veicoli circolanti. Vedendo che eravamo comunque abbastanza vicini alla nuova cattedrale che volevamo visitare, abbiamo convinto la nostra guida, Yulia Marinic, giovane un poco scontrosa a farci scendere e continuare a piedi. In pratica abbiamo attraversato il ponte sulla Moscova e sull'altra riva ci attendeva la nostra meta. Inaugurata nel 2000, architettonicamente molto simile alle chiese dei secoli precedenti.  Ci avviciniamo poi alla piazza Rossa dalla piazza antistante che è un tripudio di aiuole fiorite davanti ai portali di ingresso e finalmente entriamo nella mitica piazza.
L'entrata monumentale alla Piazza Rossa
Le mura del Cremlino
 L'effetto è impressionante, da un lato i magazzini GUM e la via dello shopping, dall'altro le mura del rosse del Cremlino con una serie di ordinata di pini e con le cupole dorate delle chiese all'interno, in fondo la coreografica  San Basilio coloratissima e alle spalle i monumentali palazzi e le porte all'ingresso. Il mausoleo di Lenin si nota appena e non invita alla visita. Torniamo in hotel a cena e poi usciamo in autonomia, scendiamo alla stazione della metropolitana, e aiutandoci con i gesti e l'inglese acquistiamo i biglietti e seguiamo le indicazioni delle signore addette ai biglietti: cinque fermate su carrozze moderne e pulite e siamo alla piazza rossa.
I magazzini GUM

 L'atmosfera è fiabesca quasi surreale, tutti i palazzi sono illuminati e la sorpresa è superiore all'immaginazione. C'è molta gente che passeggia e dopo un giro sulla piazza fino alla vista del fiume che tutti si godono ci inoltriamo nella via Nikolskaya piena di festoni di luminarie e di gente. Torniamo poi sempre in Metro senza problemi.







Il mattino dopo visitiamo il museo della cosmonautica, con il parco dedicato alle statue degli scienziati, un altissimo monumento in titanio con un razzo in cima e ammiriamo il primo sputnick e via via dalle foto della cagnetta Laika, di Yuri Gagarin e testimonianze di tutte le imprese spaziali russe. 
Il museo della cosmonautica
Al ritorno passiamo dal parco dell'esposizione con i trionfali, retorici e colossali monumenti dell'era di Stalin. Dopo pranzo in un ristorante tipo night, ma con buon cibo.  Entriamo finalmente al Cremlino e passiamo dal palazzo dei congressi del PCUS voluto da Kruscev,  poi la guida ci indica i vari palazzi governativi e infine entriamo nella parte più antica. Restiamo impressionati dall'enorme cannone in bronzo e dalla gigantesca campana fessurata della zarina Anna. Poi entriamo nelle cattedrali completamente affrescate (il fedele deve essere sempre sotto l'occhio dei Santi) e impreziosite dalle imponenti iconostasi dorate. Cena in hotel. Al mattino successivo visita alle principale stazioni della metropolitana, impreziosite da statue, mosaici costruite da Stalin e inaugurate nel 1935.
Andiamo poi al monumento del milite ignoto e osserviamo il severo cerimoniale del cambio della guardia al passo dell'oca. Poi arriva un allegro reparto di cadetti con molte belle ragazze in divisa.
I cadetti 

Pranziamo e poi passeggiamo sul ponte degli sposi dove sotto  un gigantesco cuore fiorito ci  facciamo anche noi delle foto matrimoniali .Arriviamo sulla piazza rossa e mentre le signore entrano nei lussuosi magazzini Gum a curiosare tra le boutiques (italiane e francesi), noi uomini ci sediamo a bere un caffè nell'altrettanto lussuoso ed italiano caffè Bosco dove ci raggiungono poco dopo.
Andiamo poi al famoso museo Tretiakov dove scopriamo che fino al settecento la pittura russa era fondamentalmente  orientata alle icone sacre, e solo successivamente si è dedicata a temi profani con le successive generazioni di artisti dell'otto-novecento collezionati dai fratelli Tretakiov. 
Il nostro ultimo giorno è stato caratterizzato da un improvviso freddo intenso, e passeggiare al mattino presto nella bella via Arbat per fare gli ultimi acquisti è stato quasi eroico. In centro ammiriamo un corteo di samurai, gheishe, bimbi che sfilano per la festa nazionale giapponese. Poi andiamo all'aeroporto passando sulla tangenziale a fianco del quartiere dei grattacieli, una downtown all'americana con lo stadio del Lokomotiv Mosca. Arriviamo sbrigando velocemente il check in e poi ci rifocilliamo in attesa dell'imbarco: decollo alle 16,05 e atterraggio a Malpensa in perfetto orario alle 18,50. Pulmino e tutti a casa per cena. Evidentemente abbiamo visitato solo una piccola parte della Russia: San Pietroburgo e Mosca sono città  ricche  e moderne, automobili nuove e strutture all'avanguardia. Il sogno sarebbe di prendere la Transiberiana e in 15 giorni di viaggio arrivare a Vladivostok nella Russia più profonda. Ma anche solo fare il viaggio da Mosca a San Pietroburgo in battello sostando nei paesi lungo i fiumi e i canali e così venire in contatto con un mondo più tradizionale anche se già intaccato dal turismo. E' un'idea per un prossimo viaggio.




mercoledì 20 gennaio 2021

Storie di famiglia: Emilio e Maria


Matrimonio zio Elia


Adesso che siamo diventati nonni sentiamo il bisogno di lasciare ai nostri figli e nipoti le storie delle nostre famiglie così come l'abbiamo ricevuta a voce dai nostri padri e per la parte che abbiamo vissuto direttamente. Troppo occupati a vivere non abbiamo mai pensato di tenere un diario non dico giornaliero ma neppure degli avvenimenti più importanti che hanno riguardato le nostre famiglie. Così raccogliamo i nostri ricordi per tutti e li affianchiamo dalle ricerche genealogiche.

I Cerea
mio papà diceva che i Cerea (in dialetto i Seré) erano venuti dalla Savoia alla fine del 1700 e si erano insediati a Curno alla Carlinga come coloni.
Il primo antenato di cui ho notizia è Giovanni, colono nato a Curno intorno al 1823 che con la sua sposa Beatrice Poma abitava alla Carlinga. Il primo di cui conosciamo la fotografia è il figlio Giuseppe (1861-1927), ritratto con il fiasco in mano ed il tovagliolo sul braccio come ogni buon oste di paese e sposato con Santa Scarpellini - di Stezzano (1862-1921). Colono nel 1889 e oste nel 1894. 
La coppia ebbe 2 figli: Elia (1889-1991) e Paola (1894-1968)
Le cose non dovevano essere tanto rosee se il figlio Elia nel 1915 aveva ottenuto il passaporto rosso di emigrante per l'America. Lo scoppio della prima guerra mondiale lo costrinse però a ritornare da Genova dove era pronto ad imbarcarsi, per essere arruolato nell'esercito. In guerra, a causa di una malattia polmonare, dopo vari ricoveri negli ospedali militari venne congedato. Intorno al 1925 gestiva la salumeria in piazza della Vittoria dove ora è il panificio Beretta e  continuava l'attività con il padre Giuseppe nell'Osteria del Serè al Brembo dove coltivavano  anche un'ortaglia che alimentava la cucina dell'esercizio.
Sposa Palma Benedetti e nascono Assunta che muore a 11 anni per tetano, contratto dai chiodi delle scarpe,  Maria, Mario, Emilio, Anna, Elia, Enrico Santo, Assunta.
Un incidente stradale negli anni trenta,  con il suo motocarro contro un'automobile gli procura un bella somma di indennizzo, paga i debiti,  compra la casa di Curno e vi sposta la salumeria,  e si compra una Balilla che però a causa del razionamento della benzina non riuscirà ad usare.
Di simpatie socialiste, tiene i figli lontano dalle organizzazioni fasciste.
Nel 1938 improvvisamente muore la moglie Palmina, per una sincope mentre era nella cantina di Curno.
La sorella Paola rimane in famiglia curando i nipoti. Si sposerà con Bigio Benedetti solo quando tutti saranno adulti e sistemati.
I ragazzi vanno alla scuola dell'obbligo (terza elementare). Quando poi l'obbligo viene esteso alla quarta solo i più giovani ne beneficiano. Emilio viene mandato a studiare al collegio dei Salesiani di Treviglio da dove dopo due fughe (non tollerava il caffelatte a colazione) viene ritirato e messo al lavoro con gli altri nelle attività di famiglia.
Le ragazze si sposano, Maria con Bepo Donizelli panettiere di Treviolo,da cui nascono Innocente, Palmina, Fausta e Emanuela;
Anna con Ludovico Bombardieri fruttivendolo di Treviolo da cui nascono Maria Luisa e Leonardo (Stelio);
Allo scoppio della seconda guerra mondiale i quattro figli vengono arruolati: Mario, Emilio e Elia nell'esercito ed Enrico in Marina.
Emilio viene mandato in Albania a Durazzo dove lavora inizialmente alla cucina della mensa ufficiali. Si offre volontario sul fronte greco-albanese è ferito e rischia nel prosieguo della guerra di finire sul tragico fronte russo.  L'8 settembre del '43 il suo reggimento compatto con i suoi ufficiali si ritira sulla costa dopo una battaglia di tre giorni contro i partigiani greco-albanesi che volevano disarmare i soldati italiani. Consegnano invece le armi agli inglesi che li imbarcano e li trasferiscono nel campo di prigionia a Bari. Si arruola nel ricostituito esercito italiano nel 21° Reggimento di fanteria Gruppo di Combattimento Cremona. Risale la penisola combattendo su carri cingolati in Veneto fino alla liberazione di Venezia dalle truppe nazi-fasciste. Riceverà con i suoi compagni  l'elogio del generale comandante l'ottava armata  e la croce di guerra.
Mario dopo l'8 settembre si dà alla macchia sui colli vicino a casa, si salva per miracolo da una temeraria e tragica impresa partigiana.
Elia viene arruolato con Emilio Medini ad agosto del 43 e destinato a Merano. l'8 settembre hanno l'ordine di portare una decina di cavalli da Merano a Bressanone dove arrivano nella notte. Al mattino  la caserma è deserta ed i cavalli spariti. Si mettono in abiti civili e ritornano in bicicletta a casa dopo varie avventure.
Enrico giovanissimo marinaio a La Spezia l'8 settembre lascia la divisa e torna a casa dove gli succede anche di essere messo al muro dopo un rastrellamento dei fascisti.
Una notte nonno Elia affronta a pistolettate (in aria)  un gruppo di repubblichini arrivati con cattive intenzioni nei pressi dell'osteria a causa della bandiera esposta ancora con l'emblema sabaudo.
Finita la guerra si ritrovano tutti sani e salvi. Emilio con altri commilitoni scioglie un voto e regala alla parrocchiale di Curno il grande quadro che viene posto sull'altare di San Luigi Gonzaga.
Il giorno di Santo Stefano del 1946 a distanza di mezz'ora si sposano nella chiesa di Curno:
Mario con Maria Leidi, che apriranno la loro salumeria a Petosino
Emilio con Maria Benedetti, che condurranno la salumeria di Curno
Emilio Medini, con la zia Gemma Benedetti che, dopo un anno in giro per l'Italia con il circo Medrano, si fermeranno e affiancheranno nonna Carola nel negozio di fruttivendolo a Curno.
Ovviamente gli invitati alle cerimonie erano comuni ai tre matrimoni con un grande andirivieni delle stesse persone in chiesa e ai sobri rinfreschi in casa.
Poi i fratelli Mario ed Emilio con le neo consorti vanno in viaggio di nozze di tre giorni a Sanremo in treno: Mario al casinò, la moglie in camera, Emilio e Maria tre giorni senza uscire dall'albergo.
Precedentemente il patriarca Elia, malgrado la contrarietà dei figli e la differenza di età (32 anni), aveva sposato Gina Boschini con la quale vivrà felicemente arrivando a 102 anni.
Dopo la guerra vende l'osteria del Brembo e si trasferisce a Bergamo dove apre una salumeria con il figlio Enrico.
Assunta si sposa con Carlo Licini, al tempo scapestrato 'viveur'  da cui nascono Tiziana e Luca.
Elia sposa Gianna Zanchi e aprono una salumeria a Pontesecco.
Nel dopoguerra del miracolo economico le attività delle famiglie si sviluppano con varie vicende sperimentando difficoltà economiche e situazioni positive sempre all'insegna della solidarietà famigliare.
L'albero genealogico intanto si incrementa:  alla festa dei cento anni di nonno Elia nel 1989 partecipano oltre 100 parenti di quattro generazioni.

La famiglia della mamma: i Benedetti (in dialetto i Benedeçç):
il nonno Pietro soldato della prima guerra mondiale, in licenza, scopre l'infedeltà della moglie  Teresa Masper che poi lo lascia vedovo nel 1919  a causa dell'epidemia di  febbre spagnola;
la nonna Carola Zanchi, resta parimenti vedova del primo marito Paolo Pedrali sposato nel 1916 e mancato anch'esso per problemi di cuore nel 1919;
Pietro e Carola si sposano e dalla loro unione nascono  Giuseppina (1920), Gemma (1922), Maria (1924), due gemelli (1926) che però si ammalano e muoiono a tre anni,  e Rina (1930).
Carola detta Carolì ha tre sorelle: Maria (Marietì) Assunta (Suntì) Ester (Esterì) ed un fratello Aristide.
Tra le due guerre gestiscono un'osteria a Curno. Il nonno ogni tanto lascia moglie e figlie e sparisce in Africa come operaio addetto alla costruzione di strade. Purtroppo eccede spesso con il bere, da ubriaco diviene spesso violento con la nonna fino a che la figlia maggiore, Gemma si ribella e lo fa vergognare. Sparisce da casa e si presenta al manicomio di Bergamo chiedendo di essere internato perché evidentemente pazzo. Viene riportato a casa e successivamente anche nei momenti di euforia etilica non avrà più atteggiamenti violenti. Muore nel 1960 per un tumore alla gola.
Dopo la guerra l' osteria viene venduta ed aperto  un negozio di frutta e verdura  al quale successivamente negli anni 50 si affianca la gelateria artigianale gestita dalla figlia Gemma.
Zia Pina sposa Angelo Bettoni, si trasferiscono a Loano dove aprono una pasticceria e fanno crescere i due figli Liliana e Alessandro:
Zia Gemma sposa Emilio Medini che ha conosciuto alla Caproni di Ponte dove lui costruiva gli altimetri degli aerei e lei li collaudava e gestisce il negozio con la mamma: nel 1953 nasce Elio.
Zia Rina sposa Romualdo Acquaroli, odontotecnico e va a vivere a Treviolo dove cresceranno i due figli Danilo e Fiorella.

Adesso è di moda la famiglia allargata a causa dei divorzi e delle separazioni, ma noi cugini abbiamo vissuto in una vera grande famiglia dove ogni occasione era buona per riunire fratelli e cognati ed ogni casa era aperta per tutti. Infatti siamo cresciuti tutti assieme creando forti legami tra le generazioni. Gli zii erano sempre contenti quanto potevano, di prendere tutta la brigata di noi bambini e portarci con loro nelle varie occasioni di svago.
I nostri figli invece sono cresciuti più isolati,  hanno frequentato nella casa della nonna solo i cugini diretti nei pomeriggi di festa ed hanno avuto poche occasioni di vivere e conoscere tutti i rami della famiglia.








 






martedì 27 agosto 2019

Septuagesimus anno


Settant'anni fa il  mio mondo era molto diverso e da un lato più piccolo perchè si riduceva  al piccolo paese, anzi al vasto cortile della mia infanzia; dall'altro era smisuratamente grande: andare in città a sette chilometri era un'avventura di cui raccontare per giorni. Bisognava  prendere il tram a binario unico sullo stradone alle Crocette e poi fino a Longuelo dove attendere l'arrivo del tram proveniente in senso contrario per lo scambio e arrivare in piazza Pontida in piena città.
La vita era scandita dalla liturgia: la domenica a Messa e nel pomeriggio al catechismo, le feste grandi con processione, i primi venerdì del mese con confessione e comunione, il mese di maggio dedicato alla Madonna con rosari serali. Curno era un paese di contadini, di operai della Dalmine e della Legler,  pochi falegnami, fabbri, idraulici, ciabattini e pochi negozietti di fruttivendolo, due forni per il pane, due macellerie e molte trattorie dove si giocava a morra, a bocce e a carte e al giardinetto perfino al biliardo.
Un piccolo e povero mondo dove giravano molti carri dei contadini con le grandi ruote di legno, cavalli, asini, mucche e qualche automobile. I terreni erano in gran parte coltivati a mezzadria e di proprietà di poche famiglie: i marchesi Terzi, i  nobili e borghesi  della città e la Chiesa. Il paese era diviso in diverse corti rurali che prendevano il nome delle famiglie che li abitavano: stal del Pastì, di Masserù, di Pendesì, di Consorse, del Cento, del Pio, etc.... Ogni famiglia aveva un soprannome: i Gamba, i Sigole, i Seré etc... Così come le persone: ol res-cegla, ol frer, lo schiaffa, ol pastì, ol ciocc pitur etc..... Sono nato nella stanza sopra il negozio dei miei  in largo Della Vittoria e cresciuto nel grande cortile dei Pendesì, insieme a tutti i bimbi che lo abitavano. All'asilo dalle suore e alle elementari dalla maestra Morelli. Autunni nebbiosi, inverni pieni di neve, primavere ventose ed estati infinite e calde. Al mare con il treno alla  colonia Stella Maris delle suore a Varazze . In cortile il papá di Giovanni faceva il maniscalco e ferrava i cavalli di tutto il circondario, con la fucina sempre in funzione e l'incudine che risuonava  nell'aria del mattino sotto i colpi di martello che battevano il ferro rovente. Un suono simile a quello della campanella della chiesetta del cortile quando veniva colpita dai piombini delle nostre carabine ad aria compressa le mitiche Diana 22 caricate con i diablo a forma di fungo.
D'estate arrivava in cortile la trebbiatrice e alla festa del paese la terza domenica di luglio la giostra con i seggiolini volanti. Tutte le porte delle case erano aperte, anche perché c'era ben poco da rubare, molti gli allevamenti casalinghi di conigli e tante galline e pollai che invece erano oggetto di furti. Il ladro del paese detto il Gatto però andava a rubare nei paesi vicini ma mai a Curno,
La roggia Curna, nelle cui acque nuotavano pesci gatto e gamberetti di fiume,  passava in mezzo al paese e vicino alla chiesa erano disposti gradini di pietra dove le donne venivano a lavare i panni e noi bimbi facevano il bagno d'estate. Nessuno aveva acqua corrente in casa e tutti si rifornivano alle quattro fontane pubbliche disposte strategicamente nelle contrade con i secchi di zinco che finivano sotto i lavelli di casa sia per bere con il mestolo che per preparare i grandi minestroni di verdura della tradizione.
Ricordo il parroco don Alberini, fisicamente una copia di don Camillo, il sindaco e maestro alle elementari  Richelmi, le maestre Terzi e Morelli,  il matto del paese detto Gioanì Mamalao, che noi bambini inseguivamo per le strade canzonandolo impietosamente. In realtà lo ricordo ben vestito con panciotto e giacca e penso fosse solo leggermente ritardato. Un grande svago era il cinema parrocchiale sempre affollato con grande partecipazione alle vicende narrate nei film. Il mio primo ricordo è il film  di Marcellino pane e vino che mi ha molto emozionato così come i tantissimi western dell'epoca, le comiche di Ollio e Stallio, e i grandiosi film in technicolor degli anni sessanta.
Grandi passioni per ciclismo, pugilato e inevitabilmente calcio: Atalanta, Juve, Milan ed Inter avevano in paese club di tifosi appassionati.



giovedì 25 aprile 2019

Lettera ad un amico che ha perso la moglie

 

                                                                     ciao Renata.....

Caro Silvano,

Nei bei momenti passati insieme mi sono specchiato nel tuo profondo legame con Renata e nel vostro amore per la vostra bella famiglia. Sentire ogni giorno i figli anche dalla lontana Thailandia, trovare sempre un momento per essere presenti nella loro vita sono stati il segno più forte del vostro amore.

E’ passata la settimana di Pasqua, la prima senza la sua presenza e sono sicuro che i vostri cuori sono stati pieni di pensieri ricordando quanto Renata fosse felice di vedervi tutti insieme attorno a lei. Ogni giorno diventa un’esperienza nuova senza di lei, era impossibile prima concepire un solo giorno senza la mamma, sembra che lei se ne sia semplicemente andata via e che possa ritornare da un momento all’altro, anche se ogni giorno che passa il cuore si carica della consapevolezza che se ne sia andata per sempre.

L’esperienza vissuta insieme nel cammino di Santiago con Daniele e Fermo ci ha riportato all’essenza del vivere. Spogliati dalle conquiste del progresso ci ritroviamo soli, a piedi con una bisaccia, la speranza di arrivare alla lontana meta e la necessità di chiedere ogni giorno ospitalità in un paese straniero. Passo dopo passo in mezzo a paesaggi e contrade acquistiamo consapevolezza della forza spirituale che abbiamo dentro di noi capace di superare ogni difficoltà. Navigare nel mare tempestoso della vita rende necessario però fare spesso il punto nave per correggere la rotta verso un porto sicuro. Eccoti lo strumento molto più sicuro del GPS moderno.



Tantissimi auguri per i tuoi primi 70 anni.  Un grande abbraccio.

Mozzo, 25 aprile 2019                                  Fausto e Mariella 

giovedì 18 giugno 2015

PASUBIO


Escursione al PASUBIO




Dopo qualche mese di progetti finalmente fissiamo l’escursione al Pasubio per il 7-8-9 giugno. Achille e Paolo hanno definito il programma di viaggio e verificato telefonicamente con i gestori dei rifugi Papa e Lancia la disponibilità per le due notti da passare presso di loro.

Dossier 
Achille prepara un dossier con la storia delle battaglie e la geografia dei sentieri da distribuire ai partecipanti. Per definire i dettagli ci diamo appuntamento mercoledì 3 giugno alle 14,30 alla sua pasticceria con Paolo. Preso nel vortice di impegni improvvisi con la famiglia e passata la giornata a rincorrere le emergenze me ne dimentico totalmente. Sabato, quando passo dal laboratorio per ritirare gli ultimi fogli del dossier, vengo giustamente bastonato per il bidone involontario. Una figuraccia! Mi scuso come posso e dedico la giornata alla preparazione del dossier, che viene bene, salvo la rilegatura che non riesco a completare per un guasto alla macchinetta rilegatrice.
Finalmente domenica mattina mi trovo alle otto in pasticceria con Achille, Paolo ed  Ettore.
Carichiamo gli zaini sul furgone di Achille e partiamo per Rovereto con Paolo alla guida. Il tempo è bellissimo e il viaggio liscio come l’olio. All’uscita dall’autostrada ci attende Gianni, che è salito da Cortona dove gestisce una pasticceria che la sua famiglia possiede da tre generazioni.


Achille Ettore Fausto Gianni 

La bella mora con la penna
Ci presentiamo velocemente e poi con le due macchine andiamo sulla collina all’imponente Sacrario dei Caduti della Grande Guerra, dove sono di servizio gli alpini dell’ANA, tra i quali una bella mora con il cappello da alpino. Achille inizia il suo reportage filmando tutto con la sua nuova telecamera Sony e Paolo entusiasta si dà alla fotografia con la nuova Nikon. Andiamo poi alla famosa Campana della Pace, fusa con il bronzo dei cannoni e rifusa due altre volte prima di essere utilizzabile.

I 5 dell'Ave Maria

Poi proseguiamo lungo la Vallarsa verso Vicenza fino ad Anghebeni dove, al distributore beviamo una birra con uno stuzzichino per aperitivo. Poi saliamo verso il monte e parcheggiamo all’inizio dello sterrato nel bosco l’imponente SUV di Gianni. Proseguiamo poi tutti con il furgone di Achille e dopo aver salutato entusiasticamente due belle ragazze in bikini su di un prato,su mio consiglio ci fermiamo lungo la strada a Parrocchia, all’Hotel Aurora dove facciamo pranzo: i miei insostituibili pomodori in insalata ed un tomino alla griglia  con polenta e funghi serviti da una vera bellezza.
Sacrario del Pasubio
Andiamo poi al Sacrario del Pasubio dove visitiamo il piccolo e interessante museo, filmato e fotografato fino al più piccolo particolare  e poi il monumento che però è aperto solo alla base. Ripartiamo e saliamo su una strettissima strada di montagna e dopo qualche arrabbiatura verso un giovane automobilista straniero e imbranato incapace di incrociare  le macchine che scendevano dal monte, arriviamo alla Bocchetta di Campiglia a 1216 mt slm dove parcheggiamo su un’ampio spazio pieno di auto in sosta.
Ettore alla partenza delle gallerie
Si dovrebbe pagare il parcheggio ma la macchinetta non funziona. Prendiamo gli zaini e Achille inizia a riprenderci all'ingresso del percorso.
Un veloce calcolo mi fa venire i brividi: sono oltre 800 mt di dislivello. Il CAI prevede 3 ore e 30 di cammino, saremo fortunati se ce la faremo 4/5 ore.
Entrata
Il percorso è di  6.555 metri, dei quali ben 2.335 sono suddivisi nelle 52 gallerie scavate nella roccia; ogni galleria è numerata e caratterizzata da una propria denominazione. La larghezza minima è stata originariamente prevista in 2,20 m (il raggio esterno in curva è di almeno 3 m), con una media di 2,50 mt. per permettere il transito contemporaneo di due muli con le relative salmerie.

Uscita
La pendenza della strada raggiunge il 22 per cento, con una media del dodici per cento. Caratteristica, tra le molte gallerie, è la 19ª perché, oltre a essere la più lunga (320 m), ha un tracciato elicoidale a 4 tornanti, all'interno di un gigantesco torrione di roccia. Anche la successiva n. 20 è scavata all'interno di un torrione roccioso e, per superare il notevole dislivello, si avvita su sé stessa come un cavatappi. Il tratto della 43ª corre sotto il passo Fontana d'Oro (1.875 m). All'uscita della 47ª si raggiunge il punto più alto della strada (2.000 m), dal quale si gode un panorama grandioso.
finalmente il rifugio Papa
la strada in quota

La fatica è tanta ed il sudore scorre copioso sulla schiena scaldata dallo zaino. Entrare e uscire al caldo dalle gallerie fredde e ventose mette in crisi Gianni e Achille che non hanno digerito il pranzo. Un sorso di coca cola in questi casi funziona meglio di un digestivo, infatti tutti si riprendono con qualche ruttino liberatorio. Per la maggior parte del percorso mi accodo ad Achille che filma con la telecamera gli scorci più suggestivi, sono l'ultimo del gruppo e faccio luce ai nostri passi con la mia nuova mini-pila nel buio delle gallerie. 
Ettore generosamente, vedendo la fatica di Achille che ha lo zaino più pesante di tutti, a metà percorso se lo prende in carico fino all’arrivo permettendogli maggiore libertà per le riprese con la telecamera.
Rifugio Gen. Achille Papa (1890 mt)
In una delle ultime gallerie in discesa scivolo sul pietrisco umido e cado all'indietro sullo zaino. Picchio violentemente il braccio ed il palmo della mano, me la cavo fortunatamente con un male cane ed una piccola escoriazione. Dopo più di quattro ore, sono ormai quasi le 20, il sole sparisce dietro le vette ed arriviamo al rifugio gen. Achille Papa (mt. 1890), dove il cortese rifugista ci  assegna due stanze: nella prima dormiamo io ed  Achille e nell’altra Gianni, Ettore e Paolo. Facciamo la fila all’unica doccia usando un gettone che dura 5 minuti a testa, per fortuna l’acqua è calda. Ovviamente ai piani superiori si può accedere solo in ciabatte e per dormire sono obbligatorie  le lenzuola monouso fornite dal rifugio.
Scendiamo a cena dove troviamo due altri escursionisti modenesi padre e figlio che si fermano per la notte. Crema di ortica, pasta al forno e bocconcini stufati di maiale con crauti rossi. Lascio i crauti e mangio tutto il resto con gusto. Dopo il caffè chiacchieriamo un poco, ma siamo stanchissimi e andiamo velocemente a dormire.
Mi sono svegliato alle 5,30 quando la luce è entrata nella stanza e sono sceso dal letto a castello su cui mi ero arrampicato. Tutti dormivano ancora e così nel silenzio mi sono fatto la barba, mi sono lavato ed ho preparato lo zaino per l’escursione.
Fatta un’ottima ed abbondante colazione con speck, panini fragranti e ottimo yogurth usciamo nell’aria frizzante del mattino. Paolo acquista una cartina dettagliata dei sentieri e si fa consigliare dal rifugista per la giornata. Ettore scambia con Achille il suo zaino più leggero e si fa carico del pesante fardello compreso il metal detector e la  picozza.

Museo del Ricordo
Cima Palon 2232 mt
Dente Italiano 2220 mt
Invece di salire dal sentiero alle spalle del rifugio, scendiamo lungo la strada degli eroi per un bel pezzo per poi prendere un sentierino scosceso e ripido sulla destra che ci riporta faticosamente in quota al Cogolo alto. Arriviamo poi alla cengia dove è nascosto il piccolo museo della memoria all’aperto. Riprendiamo il cammino ed arriviamo a Cima Palon a 2232 mt dove cartelli indicatori ci indicano i nomi delle cime che riusciamo a vedere tutto intorno. Lo spettacolo è magnifico e Gianni estrae il suo pecorino, il salame di Cortona ed i cantuccini che mangiamo con piacere. Il sole è fortunatamente velato da nubi leggere e una leggera brezza ci tiene freschi. Incrociamo i due modenesi che salutiamo.
Frana da mina Dente Italiano
Scendiamo alla selletta Damaggio sul Dente Italiano e percorriamo la breve galleria interna per uscire di fronte al Dente Austriaco. Sulla destra la Selletta Comando con la chiesetta della Madonna, i luoghi dove per oltre tre anni i combattenti della prima guerra mondiale si sono massacrati a vicenda con alterne fortune. Passiamo sui trinceramenti italiani e scendiamo dentro la frana provocata dall’esplosione della mina austriaca di 50 tonnellate di tritolo posta nella galleria scavata sotto le postazioni italiane nel marzo del 1918. Risaliamo dalla selletta dove è posta una croce in ferro a ricordo dei sepolti dalla frana e saliamo sul dente Austriaco dove troviamo i trinceramenti in calcestruzzo lungo tutto il perimetro.
Dente Austriaco 2127 mt
In alto una croce nera composta con rottami,  bossoli di proiettili e filo spinato sul panorama desolatamente sconvolto della montagna.
Scendiamo in basso e poi risaliamo a mezza costa.  Il lungo e stretto sentiero in quota (siamo intorno ai 2000 mt) richiede molta concentrazione per cui mi avvio tranquillo in solitaria mentre gli altri si fermano a mangiare.
Il percorso gira sul fianco della montagna sopra una larga valle fino ad aggirare tutto il monte e sbucare sulla valle successiva dove in basso  appare il rifugio Lancia (1825 mt slm). La discesa è piuttosto ripida e malagevole, arrivato sull’altopiano però tutto è verde e la strada piana.


Rifugio Lancia 1825 mt
All’esterno del rifugio attendo gli altri che arrivano alla spicciolata. Ci assegnano una camerata da 7 posti con tre letti a castello ed uno singolo. Ovviamente lasciamo le scarpe e mettiamo le ciabatte regolamentari. Purtroppo non c’è acqua calda per la rottura del boiler, così mi rassegno a far la doccia freddissima  ai piedi molto provati dal cammino e a veloci abluzioni per il resto del corpo. Lavato e cambiato di fresco scendo all’esterno dove gli altri stanno mangiando un panino. Io prima di salire invece ho ordinato l’insalata di pomodori (che reidratano e reintegrano i sali persi) con il tonno, che mi gusto con piacere. Cade qualche goccia ed entriamo nel rifugio. Ci sediamo all’interno con un’altra bella birra davanti.  Al rifugio non danno le lenzuola monouso mentre è obbligatorio l’uso del sacco a pelo personale che dispiego sul letto in alto vicino alla porta della stanza, sotto di me si sistema Ettore.
Ci troviamo prima di cena e chiacchieriamo tranquillamente. Nasce una piccola polemica tra me e Paolo circa l’opportunità di esserci fermati a pranzo all’Aurora (che io ho sostenuto) contro quella di portarci i panini e fare una sosta a metà cammino. Ognuno resta ovviamente convinto della propria idea. Intanto Gianni e Achille iniziano discorsi circa la loro professione, citando colleghi ed episodi. Ceniamo con un abbondante risotto alle ortiche, colte dal rifugista fresche nei dintorni e scelta tra goulash e salsicce alla brace. Tutto bene e alla fine caffè con grappa. Dopo cena ci rilassiamo un poco e poi verso le 22,30 andiamo a letto. Essendo vicino alla porta, che a richiesta viene lasciata aperta, ricevo un bello spiffero fresco, inoltre spente le luci inizia immediatamente un leggiadro russare  degli amici più stanchi. Dopo qualche minuto scendo dal castello e mi infilo nella stanzetta vicina, vuota con due letti. Mi accomodo, chiudo la porta e dormo felicemente senza problemi. Mi sveglia come al solito il sole delle 5,30 mi alzo e in silenzio mi faccio la barba, mi lavo, mi cambio e preparo lo zaino per la giornata. Scendo poi al piano terreno dove è preparato il tavolo della colazione e scrivo le note della giornata passata sulla mia moleskine. Quando arrivano tutti, facciamo colazione:  pane del giorno prima, barattolini di marmellata e una ciotolina di yogurth.  Mi prendo un the caldo e sono pronto. Ovviamente il nostro regista Achille ci filma mentre usciamo affardellati dal rifugio e diamo il buongiorno al sole.
Ettore scambia ancora il proprio zaino con quello più pesante di Achille. Risaliamo dal sentiero nel bosco davanti al rifugio, il cielo è terso e l’erba bagnata di pioggia. A fianco in alto vediamo camminamenti e trincee e arrivati al culmine del sentiero, Achille e gli altri decidono di giocare con il metal detector per ricercare reperti bellici nel terreno. Io proseguo con calma per una buona ora fino a raggiungere la selletta Foxi dove le indicazioni del CAI segnano 30’ di cammino per il Corno Battisti e circa 2 ore e 10 per Anghebeni. Ho la schiena bagnata di sudore, per cui tolgo lo zaino e metto ad asciugare gli indumenti sui paletti di segnalazione.


Corno Battisti
sulla cima del Corno 1778 mt

All’arrivo dei compagni proseguiamo per il Corno Battisti verso il quale mi avvio per primo. Breve salita nel bosco e poi sentiero in quota a mezza costa e infine discesa nella selletta dove c’è un altare con una croce nera ed i cippi che ricordano la cattura il 10 giugno 2016 di Cesare Battisti e Fabio Filzi giustiziati due giorni dopo nella fossa del Castello del Buonconsiglio a Trento.  Procedo poi per la cima del Corno dove malgrado le indicazioni dei rifugisti non troviamo le attese gallerie. Ci riuniamo tutti per una bella foto di gruppo sula cima, anche se non riusciamo ad utilizzare correttamente l’autoscatto della Nikon.
Riscendiamo nella selletta e decidiamo di imboccare il sentiero Galli 122B per escursionisti esperti.
Dai 1778 mt. Del Corno scendiamo per il ripido sentiero nel bosco e sbuchiamo in un vasto ed instabile ghiaione sotto la parete a picco dove si apre il pozzo delle carrucole. Entriamo e troviamo un pozzo ascendente con staffe di ferro alla parete mentre il pozzo discendente è chiuso. Torniamo all’esterno e Gianni e Paolo scendono ancora e trovano l’entrata di una galleria che però non  sembra portare da nessuna parte.


Verso la selletta Foxi
Decidiamo perciò di risalire e faticosamente ritorniamo alla partenza e infine ritorniamo alla selletta Foxi da dove iniziamo la lunghissima discesa. Paolo e Gianni scendono veloci, mentre io ed Achille con la vigile compagnia di Ettore andiamo con passo lento. Alla fine i primi due impiegano poco meno di due ore mentre noi arriviamo in 2 ore ed un quarto alla macchina. Mi tolgo gli abiti inzuppati di sudore, mi asciugo al meglio e cambio la camicia. Saliamo sul SUV di Gianni e appena tornati sulla provinciale  ci fermiamo per una fresca birra ed uno spuntino al bar del distributore di Anghibeni. Poi ripartiamo verso il pian delle Fugazze e risaliamo fino alla Bocchetta di Campiglia dove ci attende il furgone di Achille. Mentre trasbordiamo gli zaini si avvicinano due persone che ci chiedono se abbiamo dei cavi per collegare la batteria e far ripartire il loro mezzo. Pochi minuti dopo fortunatamente è arrivata un’altra auto con i cavi prestati dal bar vicino che ha così permesso loro  di riavviare il motore.
Siamo poi scesi da Posina per la valle omonima e arrivati all’imbocco dell’autostrada della Valdastico  abbiamo salutato Gianni che ha iniziato il lungo percorso autostradale  per arrivare a casa a Cortona. Noi invece abbiamo proseguito sulla statale fino a Marostica. Siamo poi andati alla pasticceria Chiurato, dove Achille ha chiacchierato a lungo con l’amico titolare che cortesemente ci ha fatto visitare l’avveniristico laboratorio e la gentile e simpatica signora ci ha offerto un rifresco. Abbiamo anche conosciuto il figlio che ci ha mostrato le sue performance di artista affermato.
All’uscita Achille si è diretto verso il ristorante condotto dalla sua amica Gabriella, conosciuta ai tempi in cui insegnava alla scuola alberghiera locale. Avendo molta sete mi sono staccato per andare al bar in piazza a dissetarmi con una spremuta di limone ed arancia. Achille ha inizialmente frainteso il mio gesto ma rassicurato ha proseguito per il ristorante. Niente da fare, era il giorno di chiusura per cui siamo ripartiti e presa l’autostrada siamo arrivati a casa senza cena verso le 9,30 di sera.

Bella gita molto faticosa ma di grande soddisfazione. Grazie a tutti!










   


mercoledì 5 novembre 2014

Sicilia - cronistoria viaggio dal 25 al 28 settembre 2014

Benvenuti in Sicilia!

Giovedì all'alba (ore 4,45) ritrovo all'aereoporto di Orio: siamo in 12 :
Elio e Maria, Fausto e Mariella, Riccardo, Tino e Lori, Renzo e Albe, Betti,  Giampietro e Rina.
Il terminal brulica di gente e dopo aver depositato le valige al check-in e passato i controlli ci sediamo in attesa della chiamata all'imbarco.
Selinunte: il Tempio di Era
Alle 6,35 decolliamo e dopo un volo tranquillo atterriamo a Palermo Punta Raisi alle 8,10.
Siamo tra i monti ed il mare, il  cielo è scuro e minaccia pioggia, infatti prendiamo qualche goccia nel breve tratto che percorriamo a piedi dall'aereo al terminal. Sorpresa: le valige sono già sbarcate e senza perdere tempo procediamo all'uscita dove ci attende con un pulmino da 15 posti  Francesco.  Saliamo sulla superstrada E90 a Terrasini e poi la seguiamo passando da Alcamo, Nuova Gibellina, Castelvetrano fino a Selinunte dove arriviamo verso le 9,30. Il paesaggio è molto bello e nelle zone coltivate notiamo grandi estensioni di vigneti curatissimi. Il tempo migliora e appare il sole che comincia a scaldare la giornata. Ci fermiamo al bar dove proviamo i dolci caldi tipici con ricotta ed il vino bianco fresco. L'entrata al sito archeologico,  grazie al recentissimo decreto Franceschini  che ha eliminato le agevolazioni per i pensionati, ci costa il prezzo pieno del biglietto. E' proprio vero che delle buone intenzioni della sinistra è lastricato l'inferno.
Lezione all'aperto
La nostra guida, una signora minuta, molto preparata,  ci illustra la storia della colonia greca e poi cartaginese e ci conduce al tempio di Era rimesso in piedi dopo i terremoti. Passiamo poi alle rovine imponenti del tempio di Giove. Riprendiamo il pulmino che ci porta sull'acropoli poco distante dove visitiamo gli scavi in corso lungo la via principale Le rovine dominano il mare ed un bel vento mitiga il sole a picco. Guardiamo la curiosa vasca da bagno punica sorprendentemente moderna e poi usciamo dall'area archeologica e andiamo al ristorante che ci è stato riservato.
Sciuri sciuri
Ottimo pranzo con inatteso intermezzo di due bravi musicisti con chitarra e fisarmonica , i viddaneddi,  che con l'aiuto prima di Lori e poi di Rina che suonano il tamburello a sonagli, ci cantano Sciuri Sciuri (fiori, fiori) e Vitti na crozza. Poi accennano un'improbabile canzone per i giapponesi fatta da quattro parole: Arigatò (grazie),  Konnichiwa (ciao) , Sony, Suzuki. Infine attaccano con Noter de Berghem che cantiamo tutti in coro.
Risaliamo sul pulmino e andiamo a Erice dove arriviamo alle 17,00. Passeggiamo nelle vie del centro medioevale e visitiamo il Duomo. E' un edificio severamente normanno gotico all'esterno ma  molto scenografico  all'interno, rivestito di stucchi chiari secondo il gusto neogotico nella seconda metà dell '800.
Il duomo di Erice
Torniamo poi a Palermo dove arriviamo verso le 18,30  all' Hotel Ibis Style in via Crispi, davanti al porto.
La camera è confortevole, silenziosa e la vista spazia sul molo dei traghetti Grandi Navi Veloci che arrivano la sera e scaricano centinaia di auto e TIR.
Ceniamo a buffet in Hotel al ristorante al settimo piano. La location è bella ma il cibo, fornito da un catering esterno è scarso: riso scotto, qualità bassa e poca scelta.
Usciamo per fare quattro passi dopo cena ma la zona del porto è vuota e piazza Politeama lontana, per cui torniamo a casa e andiamo a dormire.
Venerdì  mattino la colazione a buffet è molto soddisfacente e abbondante, la vista dal settimo piano spazia su tutta la città, e dalla terrazza si gode la vista della costa e del porto.
Alle 9,00 ci imbarchiamo con una nuova guida, un attempato signore con il piglio di un professore di liceo. Arriviamo a Monreale ed entriamo nel magnifico Duomo pieno di turisti. Ascoltiamo l'approfondita lezione di storia dell'arte seduti in fondo alla chiesa, e siamo rimproverati come studenti quando dopo mezz'ora di attenzione diamo segni di insofferenza.
Il chiostro a Monreale
la foto creativa
Finalmente ci alziamo e ammiriamo i mosaici, le statue e quanto di bello ci circonda  e poi usciamo nella piazza. Ci sediamo al bar e dopo esserci rinfrescati andiamo a visitare il magnifico chiostro medioevale dove Giampietro dà sfogo al suo estro fotografico inquadrando tutti con la fotocamera di traverso.
Torniamo a Palermo per visitare il  palazzo dei Normanni, la cappella palatina e l'appartamento reale.
Finalmente andiamo a pranzo in centro in un ristorante tipico. I primi sono eccellenti, ma il secondo è una delusione: spezzatino grasso di manzo. Scorrendo il menu, in realtà ci sarebbe stata una grande scelta di piatti della ricca tradizione palermitana, un'occasione mancata.
La chiesa della Martorana
La sposa 
Nel pomeriggio passeggiando arriviamo alla famosa chiesa della Martorana che visitiamo, poi assistiamo all'arrivo della sposa e dei suoi invitati per il matrimonio. Ovviamente le signore si divertono a commentare le acconciature e gli abiti delle invitate, mentre l'abito della sposa raccoglie unanimi consensi.
Poi andiamo verso il porto vecchio passando a lato dei magnifici giardini dove ci attende il pulman da quaranta posti che sostituisce il pulmino da 15 in avaria. Salutiamo e ringraziamo Francesco che ci lascia.
I giardini con alberi secolari
Il nuovo autista con la guida ci porta alla cattedrale la cui facciata è coperta da cartelloni che nascondono i ponteggi del restauro in corso. All'interno mi sorprende che le  tombe di Federico secondo e Ruggero secondo richiedano un biglietto per la visita . L'antico e imponente edificio evidenzia la necessità di restauri anche all'interno e forse di un maggior controllo dei visitatori, non sempre decorosamente vestiti.
Il mercato nei vicoli
Visitiamo poi il vicino mercato che sostituisce la famosa Vucciria, chiusa per il recupero edilizio del quartiere.
Vicoli stretti, banchi di frutta e carne ricchissimi, spazzatura accumulata negli angoli, ragazzini che corrono, motorini che si infilano tra la gente. Passeggiando tra le bancarelle arriviamo ad una chiesa aperta per la festa della contrada che è piena di luminarie per l'occasione. Riprendiamo il bus fino al  Teatro Massimo dove sostiamo per qualche foto.
Il teatro Massimo
 E' in programma la Tosca e sulla scalinata dell'ingresso tra la folla arrivano gli spettatori in abito da pomeriggio. Veniamo portati poi a piazza Politeama, piena di ragazzi. A piedi torniamo in hotel passeggiando lungo la centralissima via Vittorio Emanuele con le vetrine più di moda della città. Nella via trafficatissima i marciapiedi sono pieni di folla che si accalca ai semafori degli incroci. Scendendo verso il porto piano piano i marciapiedi si svuotano e ai lussuosi negozi fanno posto bar, pizzerie, antiquari. Mariella entra in un negozio di giade cinesi e non resiste all'acquisto dell'ennesimo gufetto della sua collezione.
Sabato mattina sveglia e colazione, alle 9,30 siamo sul pulman dove ci attende la nuova e giovane guida. Partiamo per Cefalú dove arriviamo dopo un'ora abbondante di autostrada.
Il Duomo normanno
La giornata è bella, vediamo dall'alto la zona industriale di Termini Imerese e iniziamo la nostra visita nelle pittoresche stradine del centro cittadino, fino al famoso Duomo normanno. Anche qui dopo la visita arriva una bella sposa accompagnata all'altare dal padre. Andiamo poi a visitare il caratteristico lavatoio medioevale e poi ci accomodiamo sulla terrazza del caffè a fianco della spiaggia affollata di bagnanti.
La spiaggia
Prendiamo l'aperitivo e aiutiamo Tino a sbloccare il cellulare chiamando il figlio a casa per ottenere il PUK liberatorio. Le signore fanno acquisti e poi andiamo tutti a pranzo al ristorante 'La galleria" un bel locale dove gustiamo un'ottima cucina tipica siciliana di mare. Soddisfatti usciamo nella via e ritorniamo passeggiando per i vicoli fino al parcheggio dove ci aspetta il nostro simpatico autista.
Torniamo a Palermo dopo un'ora di viaggio per salire sul monte Pellegrino al Santuario di Santa Rosalia. La strada che sale è stretta e a tornanti ed in molti punti è problematico l'incrocio tra pulmann, così salita e discesa sono sincronizzate con le corse degli autobus di linea. Inoltre è periodo di festa e per evitare ingorghi  un'auto dei vigili non permette alle auto private di salire. Invece il nostro bus  viene lasciato passare e così, ci godiamo una salita molto panoramica sulla città e sul mare. La strada incrocia il sentiero nel bosco dove molti pellegrini devotamente salgono a piedi.
Il Santuario di Santa Rosalia
Finalmente arriviamo allo spiazzo sotto il Santuario costruito addossato alla parete di roccia.
Saliamo la scalinata ed entriamo nello spazio antistante la grotta e procediamo all'interno della stessa dove sono custodite le ossa della ' Santuzza ' protettrice della città.
La teca con le reliquie
Molto strano l'effetto dell'icona blu sopra l'altare  e della grande teca illuminata con la statua d'oro della Santa. Rientriamo in Hotel, e ci prepariamo per la cena serale. Partiamo quindi per Mondello dove passiamo davanti alla spiaggia del Charleston e poi lasciamo il bus ed andiamo a piedi in salita fino al ristorante che abbiamo prenotato: il Me Cucina dove abbiamo cenato all'aperto benissimo. Ottimo staff, eccellente cucina siciliana, piatti sfiziosi ed abbondanti. Ritorniamo nel buio al bus posteggiato vicino ad un rumoroso locale da ballo dove vediamo  gruppi di giovani e belle  ragazze in minigonna arrivare per divertirsi. Al rientro il bus  passa dalla bellissima strada nel bosco sfiorando ville liberty e  stadio di calcio.
Domenica carichiamo le valige in pulman e partiamo per Segesta dove incontriamo la nostra guida che ci accompagna alla visita del tempio ben conservato.
Il Tempio di Segesta
Per salire dal tempio alla cima dell'acropoli prendiamo un bus navetta che poi ci riporta alla base della collina. Splende un bel sole caldo e cerchiamo riparo all'ombra. Poi proseguiamo verso Erice dove andiamo a pranzare alla Pentolaccia, affollatissima ma molto rapida nel servizio. Ottimo cibo tipico. Dopo pranzo passeggiamo fino ai giardini del castello.
Il castello di Erice
Il sole è forte ma guardando verso la piana di Trapani ed il mare si nota una leggera nebbiolina. Scendiamo poi con il bus ed andiamo alle saline, dove si coltiva il sale con il metodo tradizionale. E' finita l'attività che va da luglio a settembre  e le vasche di decantazione  sono occupate da stormi di uccelli.
Le saline
Notiamo che sui cumuli di sale a lato delle vasche  vengono posate delle tegole per proteggere il prodotto dalle piogge invernali. Passeggiamo e notiamo un banchetto che vende piccoli manufatti creati con il sale: modellini di barchette, mulini.
 E' presto e decidiamo di visitare Trapani dove restiamo sorpresi dalla bellezza del centro storico.  Passeggiamo visitando prima la chiesa del Purgatorio dove ammiriamo i gruppi di statue seicentesche a grandezza naturale che rappresentano le stazioni della via crucis. Visitiamo la bella cattedrale sul corso ed infine ci sediamo ai tavolini di un moderno bar e ordiniamo i vari tipi di ottime granite siciliane.
Il centro di Trapani
La grande e bella via, al nostro arrivo deserta, alle 17,00 come d'incanto si anima e arrivano al passeggio famiglie e frotte di giovani per lo struscio pomeridiano. A malincuore ripartiamo verso l'aereoporto Falcone e Borsellino di Punta Raisi dove arriviamo con il buio. Mangiamo una fetta di pizza all'unico bar aperto all'interno. Lasciamo i bagagli al check-in, passiamo dal controllo di polizia e arriviamo al gate molto affollato.
L'aereo parte leggermente in ritardo ma arriva in anticipo prima di mezzanotte a Orio, dove ci salutiamo.
Alla prossima!