giovedì 18 giugno 2015

PASUBIO


Escursione al PASUBIO




Dopo qualche mese di progetti finalmente fissiamo l’escursione al Pasubio per il 7-8-9 giugno. Achille e Paolo hanno definito il programma di viaggio e verificato telefonicamente con i gestori dei rifugi Papa e Lancia la disponibilità per le due notti da passare presso di loro.

Dossier 
Achille prepara un dossier con la storia delle battaglie e la geografia dei sentieri da distribuire ai partecipanti. Per definire i dettagli ci diamo appuntamento mercoledì 3 giugno alle 14,30 alla sua pasticceria con Paolo. Preso nel vortice di impegni improvvisi con la famiglia e passata la giornata a rincorrere le emergenze me ne dimentico totalmente. Sabato, quando passo dal laboratorio per ritirare gli ultimi fogli del dossier, vengo giustamente bastonato per il bidone involontario. Una figuraccia! Mi scuso come posso e dedico la giornata alla preparazione del dossier, che viene bene, salvo la rilegatura che non riesco a completare per un guasto alla macchinetta rilegatrice.
Finalmente domenica mattina mi trovo alle otto in pasticceria con Achille, Paolo ed  Ettore.
Carichiamo gli zaini sul furgone di Achille e partiamo per Rovereto con Paolo alla guida. Il tempo è bellissimo e il viaggio liscio come l’olio. All’uscita dall’autostrada ci attende Gianni, che è salito da Cortona dove gestisce una pasticceria che la sua famiglia possiede da tre generazioni.


Achille Ettore Fausto Gianni 

La bella mora con la penna
Ci presentiamo velocemente e poi con le due macchine andiamo sulla collina all’imponente Sacrario dei Caduti della Grande Guerra, dove sono di servizio gli alpini dell’ANA, tra i quali una bella mora con il cappello da alpino. Achille inizia il suo reportage filmando tutto con la sua nuova telecamera Sony e Paolo entusiasta si dà alla fotografia con la nuova Nikon. Andiamo poi alla famosa Campana della Pace, fusa con il bronzo dei cannoni e rifusa due altre volte prima di essere utilizzabile.

I 5 dell'Ave Maria

Poi proseguiamo lungo la Vallarsa verso Vicenza fino ad Anghebeni dove, al distributore beviamo una birra con uno stuzzichino per aperitivo. Poi saliamo verso il monte e parcheggiamo all’inizio dello sterrato nel bosco l’imponente SUV di Gianni. Proseguiamo poi tutti con il furgone di Achille e dopo aver salutato entusiasticamente due belle ragazze in bikini su di un prato,su mio consiglio ci fermiamo lungo la strada a Parrocchia, all’Hotel Aurora dove facciamo pranzo: i miei insostituibili pomodori in insalata ed un tomino alla griglia  con polenta e funghi serviti da una vera bellezza.
Sacrario del Pasubio
Andiamo poi al Sacrario del Pasubio dove visitiamo il piccolo e interessante museo, filmato e fotografato fino al più piccolo particolare  e poi il monumento che però è aperto solo alla base. Ripartiamo e saliamo su una strettissima strada di montagna e dopo qualche arrabbiatura verso un giovane automobilista straniero e imbranato incapace di incrociare  le macchine che scendevano dal monte, arriviamo alla Bocchetta di Campiglia a 1216 mt slm dove parcheggiamo su un’ampio spazio pieno di auto in sosta.
Ettore alla partenza delle gallerie
Si dovrebbe pagare il parcheggio ma la macchinetta non funziona. Prendiamo gli zaini e Achille inizia a riprenderci all'ingresso del percorso.
Un veloce calcolo mi fa venire i brividi: sono oltre 800 mt di dislivello. Il CAI prevede 3 ore e 30 di cammino, saremo fortunati se ce la faremo 4/5 ore.
Entrata
Il percorso è di  6.555 metri, dei quali ben 2.335 sono suddivisi nelle 52 gallerie scavate nella roccia; ogni galleria è numerata e caratterizzata da una propria denominazione. La larghezza minima è stata originariamente prevista in 2,20 m (il raggio esterno in curva è di almeno 3 m), con una media di 2,50 mt. per permettere il transito contemporaneo di due muli con le relative salmerie.

Uscita
La pendenza della strada raggiunge il 22 per cento, con una media del dodici per cento. Caratteristica, tra le molte gallerie, è la 19ª perché, oltre a essere la più lunga (320 m), ha un tracciato elicoidale a 4 tornanti, all'interno di un gigantesco torrione di roccia. Anche la successiva n. 20 è scavata all'interno di un torrione roccioso e, per superare il notevole dislivello, si avvita su sé stessa come un cavatappi. Il tratto della 43ª corre sotto il passo Fontana d'Oro (1.875 m). All'uscita della 47ª si raggiunge il punto più alto della strada (2.000 m), dal quale si gode un panorama grandioso.
finalmente il rifugio Papa
la strada in quota

La fatica è tanta ed il sudore scorre copioso sulla schiena scaldata dallo zaino. Entrare e uscire al caldo dalle gallerie fredde e ventose mette in crisi Gianni e Achille che non hanno digerito il pranzo. Un sorso di coca cola in questi casi funziona meglio di un digestivo, infatti tutti si riprendono con qualche ruttino liberatorio. Per la maggior parte del percorso mi accodo ad Achille che filma con la telecamera gli scorci più suggestivi, sono l'ultimo del gruppo e faccio luce ai nostri passi con la mia nuova mini-pila nel buio delle gallerie. 
Ettore generosamente, vedendo la fatica di Achille che ha lo zaino più pesante di tutti, a metà percorso se lo prende in carico fino all’arrivo permettendogli maggiore libertà per le riprese con la telecamera.
Rifugio Gen. Achille Papa (1890 mt)
In una delle ultime gallerie in discesa scivolo sul pietrisco umido e cado all'indietro sullo zaino. Picchio violentemente il braccio ed il palmo della mano, me la cavo fortunatamente con un male cane ed una piccola escoriazione. Dopo più di quattro ore, sono ormai quasi le 20, il sole sparisce dietro le vette ed arriviamo al rifugio gen. Achille Papa (mt. 1890), dove il cortese rifugista ci  assegna due stanze: nella prima dormiamo io ed  Achille e nell’altra Gianni, Ettore e Paolo. Facciamo la fila all’unica doccia usando un gettone che dura 5 minuti a testa, per fortuna l’acqua è calda. Ovviamente ai piani superiori si può accedere solo in ciabatte e per dormire sono obbligatorie  le lenzuola monouso fornite dal rifugio.
Scendiamo a cena dove troviamo due altri escursionisti modenesi padre e figlio che si fermano per la notte. Crema di ortica, pasta al forno e bocconcini stufati di maiale con crauti rossi. Lascio i crauti e mangio tutto il resto con gusto. Dopo il caffè chiacchieriamo un poco, ma siamo stanchissimi e andiamo velocemente a dormire.
Mi sono svegliato alle 5,30 quando la luce è entrata nella stanza e sono sceso dal letto a castello su cui mi ero arrampicato. Tutti dormivano ancora e così nel silenzio mi sono fatto la barba, mi sono lavato ed ho preparato lo zaino per l’escursione.
Fatta un’ottima ed abbondante colazione con speck, panini fragranti e ottimo yogurth usciamo nell’aria frizzante del mattino. Paolo acquista una cartina dettagliata dei sentieri e si fa consigliare dal rifugista per la giornata. Ettore scambia con Achille il suo zaino più leggero e si fa carico del pesante fardello compreso il metal detector e la  picozza.

Museo del Ricordo
Cima Palon 2232 mt
Dente Italiano 2220 mt
Invece di salire dal sentiero alle spalle del rifugio, scendiamo lungo la strada degli eroi per un bel pezzo per poi prendere un sentierino scosceso e ripido sulla destra che ci riporta faticosamente in quota al Cogolo alto. Arriviamo poi alla cengia dove è nascosto il piccolo museo della memoria all’aperto. Riprendiamo il cammino ed arriviamo a Cima Palon a 2232 mt dove cartelli indicatori ci indicano i nomi delle cime che riusciamo a vedere tutto intorno. Lo spettacolo è magnifico e Gianni estrae il suo pecorino, il salame di Cortona ed i cantuccini che mangiamo con piacere. Il sole è fortunatamente velato da nubi leggere e una leggera brezza ci tiene freschi. Incrociamo i due modenesi che salutiamo.
Frana da mina Dente Italiano
Scendiamo alla selletta Damaggio sul Dente Italiano e percorriamo la breve galleria interna per uscire di fronte al Dente Austriaco. Sulla destra la Selletta Comando con la chiesetta della Madonna, i luoghi dove per oltre tre anni i combattenti della prima guerra mondiale si sono massacrati a vicenda con alterne fortune. Passiamo sui trinceramenti italiani e scendiamo dentro la frana provocata dall’esplosione della mina austriaca di 50 tonnellate di tritolo posta nella galleria scavata sotto le postazioni italiane nel marzo del 1918. Risaliamo dalla selletta dove è posta una croce in ferro a ricordo dei sepolti dalla frana e saliamo sul dente Austriaco dove troviamo i trinceramenti in calcestruzzo lungo tutto il perimetro.
Dente Austriaco 2127 mt
In alto una croce nera composta con rottami,  bossoli di proiettili e filo spinato sul panorama desolatamente sconvolto della montagna.
Scendiamo in basso e poi risaliamo a mezza costa.  Il lungo e stretto sentiero in quota (siamo intorno ai 2000 mt) richiede molta concentrazione per cui mi avvio tranquillo in solitaria mentre gli altri si fermano a mangiare.
Il percorso gira sul fianco della montagna sopra una larga valle fino ad aggirare tutto il monte e sbucare sulla valle successiva dove in basso  appare il rifugio Lancia (1825 mt slm). La discesa è piuttosto ripida e malagevole, arrivato sull’altopiano però tutto è verde e la strada piana.


Rifugio Lancia 1825 mt
All’esterno del rifugio attendo gli altri che arrivano alla spicciolata. Ci assegnano una camerata da 7 posti con tre letti a castello ed uno singolo. Ovviamente lasciamo le scarpe e mettiamo le ciabatte regolamentari. Purtroppo non c’è acqua calda per la rottura del boiler, così mi rassegno a far la doccia freddissima  ai piedi molto provati dal cammino e a veloci abluzioni per il resto del corpo. Lavato e cambiato di fresco scendo all’esterno dove gli altri stanno mangiando un panino. Io prima di salire invece ho ordinato l’insalata di pomodori (che reidratano e reintegrano i sali persi) con il tonno, che mi gusto con piacere. Cade qualche goccia ed entriamo nel rifugio. Ci sediamo all’interno con un’altra bella birra davanti.  Al rifugio non danno le lenzuola monouso mentre è obbligatorio l’uso del sacco a pelo personale che dispiego sul letto in alto vicino alla porta della stanza, sotto di me si sistema Ettore.
Ci troviamo prima di cena e chiacchieriamo tranquillamente. Nasce una piccola polemica tra me e Paolo circa l’opportunità di esserci fermati a pranzo all’Aurora (che io ho sostenuto) contro quella di portarci i panini e fare una sosta a metà cammino. Ognuno resta ovviamente convinto della propria idea. Intanto Gianni e Achille iniziano discorsi circa la loro professione, citando colleghi ed episodi. Ceniamo con un abbondante risotto alle ortiche, colte dal rifugista fresche nei dintorni e scelta tra goulash e salsicce alla brace. Tutto bene e alla fine caffè con grappa. Dopo cena ci rilassiamo un poco e poi verso le 22,30 andiamo a letto. Essendo vicino alla porta, che a richiesta viene lasciata aperta, ricevo un bello spiffero fresco, inoltre spente le luci inizia immediatamente un leggiadro russare  degli amici più stanchi. Dopo qualche minuto scendo dal castello e mi infilo nella stanzetta vicina, vuota con due letti. Mi accomodo, chiudo la porta e dormo felicemente senza problemi. Mi sveglia come al solito il sole delle 5,30 mi alzo e in silenzio mi faccio la barba, mi lavo, mi cambio e preparo lo zaino per la giornata. Scendo poi al piano terreno dove è preparato il tavolo della colazione e scrivo le note della giornata passata sulla mia moleskine. Quando arrivano tutti, facciamo colazione:  pane del giorno prima, barattolini di marmellata e una ciotolina di yogurth.  Mi prendo un the caldo e sono pronto. Ovviamente il nostro regista Achille ci filma mentre usciamo affardellati dal rifugio e diamo il buongiorno al sole.
Ettore scambia ancora il proprio zaino con quello più pesante di Achille. Risaliamo dal sentiero nel bosco davanti al rifugio, il cielo è terso e l’erba bagnata di pioggia. A fianco in alto vediamo camminamenti e trincee e arrivati al culmine del sentiero, Achille e gli altri decidono di giocare con il metal detector per ricercare reperti bellici nel terreno. Io proseguo con calma per una buona ora fino a raggiungere la selletta Foxi dove le indicazioni del CAI segnano 30’ di cammino per il Corno Battisti e circa 2 ore e 10 per Anghebeni. Ho la schiena bagnata di sudore, per cui tolgo lo zaino e metto ad asciugare gli indumenti sui paletti di segnalazione.


Corno Battisti
sulla cima del Corno 1778 mt

All’arrivo dei compagni proseguiamo per il Corno Battisti verso il quale mi avvio per primo. Breve salita nel bosco e poi sentiero in quota a mezza costa e infine discesa nella selletta dove c’è un altare con una croce nera ed i cippi che ricordano la cattura il 10 giugno 2016 di Cesare Battisti e Fabio Filzi giustiziati due giorni dopo nella fossa del Castello del Buonconsiglio a Trento.  Procedo poi per la cima del Corno dove malgrado le indicazioni dei rifugisti non troviamo le attese gallerie. Ci riuniamo tutti per una bella foto di gruppo sula cima, anche se non riusciamo ad utilizzare correttamente l’autoscatto della Nikon.
Riscendiamo nella selletta e decidiamo di imboccare il sentiero Galli 122B per escursionisti esperti.
Dai 1778 mt. Del Corno scendiamo per il ripido sentiero nel bosco e sbuchiamo in un vasto ed instabile ghiaione sotto la parete a picco dove si apre il pozzo delle carrucole. Entriamo e troviamo un pozzo ascendente con staffe di ferro alla parete mentre il pozzo discendente è chiuso. Torniamo all’esterno e Gianni e Paolo scendono ancora e trovano l’entrata di una galleria che però non  sembra portare da nessuna parte.


Verso la selletta Foxi
Decidiamo perciò di risalire e faticosamente ritorniamo alla partenza e infine ritorniamo alla selletta Foxi da dove iniziamo la lunghissima discesa. Paolo e Gianni scendono veloci, mentre io ed Achille con la vigile compagnia di Ettore andiamo con passo lento. Alla fine i primi due impiegano poco meno di due ore mentre noi arriviamo in 2 ore ed un quarto alla macchina. Mi tolgo gli abiti inzuppati di sudore, mi asciugo al meglio e cambio la camicia. Saliamo sul SUV di Gianni e appena tornati sulla provinciale  ci fermiamo per una fresca birra ed uno spuntino al bar del distributore di Anghibeni. Poi ripartiamo verso il pian delle Fugazze e risaliamo fino alla Bocchetta di Campiglia dove ci attende il furgone di Achille. Mentre trasbordiamo gli zaini si avvicinano due persone che ci chiedono se abbiamo dei cavi per collegare la batteria e far ripartire il loro mezzo. Pochi minuti dopo fortunatamente è arrivata un’altra auto con i cavi prestati dal bar vicino che ha così permesso loro  di riavviare il motore.
Siamo poi scesi da Posina per la valle omonima e arrivati all’imbocco dell’autostrada della Valdastico  abbiamo salutato Gianni che ha iniziato il lungo percorso autostradale  per arrivare a casa a Cortona. Noi invece abbiamo proseguito sulla statale fino a Marostica. Siamo poi andati alla pasticceria Chiurato, dove Achille ha chiacchierato a lungo con l’amico titolare che cortesemente ci ha fatto visitare l’avveniristico laboratorio e la gentile e simpatica signora ci ha offerto un rifresco. Abbiamo anche conosciuto il figlio che ci ha mostrato le sue performance di artista affermato.
All’uscita Achille si è diretto verso il ristorante condotto dalla sua amica Gabriella, conosciuta ai tempi in cui insegnava alla scuola alberghiera locale. Avendo molta sete mi sono staccato per andare al bar in piazza a dissetarmi con una spremuta di limone ed arancia. Achille ha inizialmente frainteso il mio gesto ma rassicurato ha proseguito per il ristorante. Niente da fare, era il giorno di chiusura per cui siamo ripartiti e presa l’autostrada siamo arrivati a casa senza cena verso le 9,30 di sera.

Bella gita molto faticosa ma di grande soddisfazione. Grazie a tutti!