California!!! Un sogno nato a vent'anni restato nel mito fino ad oggi.
Poi Mariella ad una cena con amici, parlando delle possibili destinazioni di una vacanza, ha domandato: e
andare in California?.
Passato il mio primo sbigottimento insieme abbiamo iniziato cercando su internet i voli più rapidi con minori attese negli scali e ovviamente al miglior prezzo. Abbiamo scelto
Lufthansa -
Milano - Monaco - Los Angeles e ritorno a 600 euro a testa. Poi abbiamo consultato sul catalogo Gastaldi i possibili itinerari in auto, e costruito il viaggio di 15 giorni ottimizzando i trasferimenti con l'aiuto di google maps. Infine abbiamo ricercato su Booking.com i vari alberghi comparato i costi e letto i pareri degli utenti,
Prenotato il tutto siamo finalmente partiti l'11 di marzo con una valigia a testa, due zainetti e la fantastica guida di
Lonely planet in mano.
Viaggio di andata - 55 minuti per Monaco, il tempo di trovare il gate per Los Angeles e poi 12 ore di volo tranquillo nei nostri due posti scelti in coda all'aerobus.
Partiti alle 13,00 da Milano alle 20,30 dello stesso giorno siamo sbarcati a Los Angeles.
All'arrivo piccola coda per i controlli nel momento del cambio di turno degli addetti all'immigrazione ed un po' di attesa alla pensilina dello shuttle della
Dollars rent a car guardando preoccupati il traffico caotico di taxi e pulmini davanti alle pensiline.
Arrivati agli uffici in
Arbor Vitae Street, un simpatico impiegato ci ha fornito il navigatore in lingua italiana e ci ha detto di scegliere l'auto berlina che volevamo dal parcheggio poichè la Dodge Charger che avevamo prenotato non era disponibile. In sostituzione ci forniva di una macchina della categoria superiore allo stesso prezzo.
Ho scelto una
Chevrolet Impala fresca di lavaggio dopo aver scartato una Ford Taurus per via del selettore del cambio automatico al volante che non sono abituato ad usare. Mezz'oretta di freeway e siamo arrivati al nostro lussuoso
hotel Mr C di Beverly Hills (dove la C sta per Cipriani). Siamo volati subito a letto stanchi e soddisfatti rinunciando al cocktail di benvenuto.
Lunedì 12
Dormito benissimo, siamo scesi la mattina a colazione freschi come due rose: le
8 ore di jet lag assorbite senza problemi. Il tempo appariva molto nuvoloso, ma il caposala, Marco un giovane italiano di Pordenone, ci ha rassicurato dicendo che di lì a poco le nuvole sarebbero state spazzate via come i giorni precedenti. Eccitatissimi siamo andati alla ricerca del vicino Mall (Centro commerciale) Westfield per fare acquisti. Abbiamo parcheggiato vicino e poi..... sono successe due cose: ho perduto lo scontrino del parcheggio e così sono dovuto entrare negli uffici per farmene dare un'altro e all'uscita ho sbagliato la direzione per andare al Mall ! Così dopo una bella e inutile camminata su
Avenue of the stars grazie all'insistenza di Mariella ho chiesto informazioni a due operai che ci hanno fatto tornare sui nostri passi: in pratica il
Westfield Mall era sopra il parcheggio. Un grande centro commerciale con le strade all'aperto e tutti i possibili negozi. Fatto il giro e acquistato un piccolo
computer apple, siamo tornati alla macchina. Mariella, non ha desistito e dopo una ulteriore ricerca sull'auto è riuscita a ritrovare il biglietto originale caduto tra i sedili. Ritorno agli uffici e restituisco con le mie scuse il secondo biglietto alla gentile impiegata. Ma il nostro destino è comunque segnato.... al momento di pagare la macchinetta mangia il biglietto e non accetta la carta di credito. Chiamo aiuto e ricompare la gentile signora:
you again!!! poi rimette il secondo biglietto e mi addebita tutta la giornata: 34 $.
Cominciamo bene! Ripartiamo decidendo di andare a vedere l'oceano e seguendo l'impagabile navigatore
Garmin in dotazione andiamo a
Venice!!!
Finalmente siamo in California!
Parcheggiamo in un piazzale (6$ all'entrata) percorriamo il molo in legno (pier) e ammiriamo l'oceano e la spiaggia. Poi passeggiamo sull'
Ocean front walk nella strada pedonale tra la spiaggia e la fila infinita di casette tutte con grandi vetrate e diversissime architetture.
La guida poi ci consiglia di entrare nel quartiere ad ammirare le belle ville sui canali interni con ponticelli bianchi. Belle! Cominciamo però ad avere fame e dopo aver cercato inutilmente
Abbott street dove si trova una pizzeria consigliata dal nostro manuale, torniamo sulla
Ocean front walk davanti alla spiaggia che nel frattempo si è animata ed è piena di folla. E' un susseguirsi di negozietti che vendono di tutto e ci incuriosiscono quelli che hanno il medico all'interno (
the doctor is in) per prescrivere
marjuana terapeutica ai passanti, i musicisti che suonano e cantano lungo al via pedonale ed i tanti barboni (homeless) che chiedono un dollaro
per comprarsi una birra. I cartelli d'aiuto recitano
: Why lie ? I need bier, help me. Simpatici!
Entriamo in un locale pieno di gente che ci ispira
The sidewalk cafè e ci accomodiamo su di un tavolino all'esterno che guarda la spiaggia. Mariella ordina un Hamburger con patatine e coca cola ed io una Enchilada con birra Budweiser alla spina (draft) . Porzioni impressionanti, ma che mangiamo con gusto godendo l'atmosfera della spiaggia: fantastico.
Poi passeggiamo in mezzo alla folla, acquistiamo in una baracca per Emilio la maglia di Griffin, il campione dei Los Angeles Clippers, la squadra di basket rivale dei più famosi Lakers.
Riprendiamo l'auto ed imbocchiamo la mitica Pacific Coast Highway n. 1 in direzione Nord verso Malibu.
Dopo oltre 27 miglia di costa molto bella scopriamo che in realtà Malibu non è un luogo preciso, ma sono le spiagge ed i piccoli insediamenti sparsi lungo la costa.
Facciamo inversione e nel ritorno saliamo sul promontorio di Point Dume costellato di belle residenze dove ci fermiamo ad ammirare il panorama della costa . Poi scendiamo a Paradise Cove e riprendiamo la Highway per ritornare all'Hotel con alle spalle uno splendido tramonto sull'oceano.
Arriviamo con il buio e affidiamo l'auto al Valet, ci riposiamo e poi siamo pronti per andare a cena, ma dove?
Secondo la nostra guida c'è la pizzeria migliore di L.A. a 700 metri dal nostro hotel, si chiama
Mulberry street pizza ed è al 240 di Beverly Hills Drive. Bene, dopo esserci accertati della corretta direzione ci avviamo a piedi attraverso un quartiere di villette bene, tipicamente americane: auto sul vialetto davanti alla porta del garage, prato perfettamente rasato e nessuna recinzione. Dopo venti minuti di camminata veloce arriviamo nella via, luccicante di bei ristoranti e negozi.
Troviamo il posto, e non ci credo: un buco con quattro tavoli, una masnada di pizzaioli messicani indaffaratissimi, una vetrina sul banco dove scegli il trancio che vuoi, lo ordini e lo paghi (12,5$ in due). Poi ti siedi al tavolo ed aspetti. Scopriamo che il menu è scritto sul muro in fondo al locale
bizzarro. Dopo un po' ed un andirivieni di persone che prendono la pizza da asporto ci arriva sul tavolo la fetta di pizza su di un piatto di carta e la lattina di coca cola con la cannuccia. Nè bicchieri nè le posate, per cui torno al banco e le richiedo.
Tutto bene, un po' di spirito di adattamento e via, la pizza è buona veramente, sottile e croccante ed il locale si è animato con l'arrivo di molti avventori. Tutto bene, però al ritorno abbiamo adocchiato gli altri ristoranti vicini per la sera successiva.
Passeggiata veloce, anche perchè fa freschino e poi un bel sonno ristoratore tra le foto di Walter Chiari e di Mina.
Martedì 13
La mattina dopo, a colazione Marco non c'è, è andato in aereoporto a prendere la sua ragazza in arrivo da Dubai. Era molto in ansia perchè dubitava che lei avrebbe mantenuto la promessa di raggiungerlo. Facciamo colazione con frutta e the e poi saliamo nell' auto che il nostro valletto ci ha portato all'uscita. Andiamo a visitare il Paul Getty Museum. Prendiamo la San Diego freeway nord, molto trafficata e dopo una mezz'oretta di viaggio usciamo direttamente al parcheggio del museo (15$). Saliamo sulla funicolare che ci porta su per la collina fino al piazzale e restiamo ammirati. E' opera di Richard Meier, inaugurata nel 1997 e composta da una cittadella di travertino bianco con sei edifici principali collegati da piazze e passaggi sulla cima della collina. Visitiamo le collezioni in mezzo ad una folla di visitatori al seguito delle guide.
Anche noi ascoltiamo la guida per un po' ma poi ci perdiamo nelle varie sale. Finita la visita decidiamo di andare al ristorante del museo e facciamo un ottimo pranzo chiacchierando piacevolmente con una attempata coppia vicina di tavolo. Sono di L.A. e vengono spesso in Italia, in Toscana ed Umbria e torneranno anche questo autunno dalle nostre parti. Ci salutiamo cordialmente e poi riprendiamo l'auto e andiamo verso Hollywood. Parcheggiamo sotto il grande e lussuoso Mall di
Hollywood Boulevard dove al teatro
Kodak assegnano gli Oscar e poi usciamo sul famoso marciapiede sul quale sono inseriti i nomi degli attori famosi indicati da una stella. . C'è molta folla e passeggiamo passando davanti al
Grauman's Chinese Theatre ed ai vari negozi con gadget per turisti. Andiamo poi all'Hard rock cafè per acquistare le magliette per i ragazzi.
Cerchiamo invano la scritta Hollywood sulla collina e per trovarla riprendiamo l'auto e giriamo in Sunset Boulevard, con giardini e palme sugli ampi marciapiedi sui quali si affacciano i prati verdi di bellissime ville e le boutiques dei grandi stilisti. La passiamo in auto e saliamo sulle colline intorno costellate di ville immerse nel verde con ai piedi tutta la città fino all'oceano. Alla fine rinunciamo a trovare la scritta ed in mezzo al traffico riprendiamo la Fwy verso l'Hotel. Guardando poi la guida scopriamo che la scritta era alle nostre spalle coperta dall'edificio del Mall. Torniamo in Hotel, ci riposiamo e poi usciamo ancora a piedi ed andiamo come la sera prima a Beverly Hills drive ma invece di entrare nella pizzeria, scegliamo un bel locale americano con grill. E' molto affollato e dopo un po' di attesa, siamo accompagnati ad un bel tavolo dove ceniamo in un ambiente lussuoso con bella gente elegante. Al tavolo vicino una numerosa famiglia festeggia il compleanno del patriarca mettendo una candelina su di una piccola brioche. Poi rifacciamo la passeggiatina di ritorno nella notte e tutti a nanna.
Mercoledì 14
La mattina solita colazione con the e frutta e poi dopo aver fatto il
check out express direttamente in camera via TV, riprendiamo l'auto, facciamo caricare le valige e prendiamo l' Highway trafficata per andare a Down Town, il centro finanziario pieno di grattacieli. Parcheggiamo vicino alla nuovissima cattedrale e la visitiamo. E' un'opera imponente e mentre la navata centrale ha un look quasi tradizionale, nei corridoi laterali esterni si aprono spazi regolari alcuni utilizzati come cappelle con le statue dei santi ed altri invece per mostre o per servizio alla comunità. Un lato si apre con una vetrata su di un chiostro pieno di fiori e su di una parete all'entrata è posizionato uno stupendo altare barocco portato dalla Spagna.
Riprendiamo l'auto e dopo poche centinaia di metri riparcheggiamo sotto la Disney Concert Hall. Paghiamo 20$ di parcheggio e ci spiegano che se visitiamo il palazzo e ci facciamo apporre sul biglietto il timbro ci restituiranno 11$. Progettato da Frank Gehry, lo stesso del museo di Bilbao, ne ricalca le forme sinuose con il suo rivestimento d'alluminio luccicante. Ma lo spettacolo è all'interno con varie sale e servizi che si snodano su più piani fino al giardino pensile sul tetto che ospita luoghi di relax, un anfiteatro all'aperto nella cornice della down town di L.A..
Un'opera modernissima, bella e funzionale e si visita gratis. Finita la visita andiamo a piedi verso il MOCA Museum of Contemporary Art che però è chiuso. Nella piazza vediamo il ristorante dell'Omni Hotel frequentato da funzionari e impiegate delle vicine banche. Ci serviamo al fornito buffet e ci godiamo un bicchiere di buon vino Merlot della Napa Valley. Facciamo un giro tra i grattacieli di California street, torniamo alla macchina e prendiamo l'Highway per San Diego. L'uscita da Los Angeles è lunga ed attraversiamo la periferia più desolata, poi l'autostrada va sulla costa ed appaiono quartieri eleganti e centri commerciali molto lussuosi. Man mano scendiamo a sud la costa è sempre più bella e sulle colline a sinistra appaiono sterminati quartieri di case immerse nel verde di fronte all'oceano e sulla destra spiagge con centri balneari e palme lussureggianti.
Arriviamo a San Diego dopo un paio d'ore e qualche coda in uscita da L.A. viaggiando nelle corsie riservate ad auto con 2 o più persone a bordo (car sharing -a chi non rispetta la regola 1001$ di multa).
Andiamo diritti all' Hotel Marriott Marina, due imponenti grattacieli luccicanti sul porto turistico. Efficienza americana: malgrado il grande andirivieni e la folla, in pochi minuti facciamo il check in: in pratica ci viene chiesto il cognome, viene registrata la carta di credito, ci vengono consegnate le chiavi della camera, e assegnato il valletto che ci accompagna con le valige al 38 piano del South Building. La camera è grande con una vetrata che spazia sull'isola antistante il porto e sull'oceano. Sistemati i bagagli scendiamo e chiediamo all'addetto una cartina dove ci facciamo indicare i ristoranti migliori per la cena. Il centro turistico di San Diego è molto piccolo e corrisponde al
gas lamp district che comprende un rettangolo compreso tra la seconda e la sesta strada fino a little Italy. Passeggiamo per le vie indicate, molto animate, piene di negozi e di ristoranti, con cucine di ogni parte del mondo ma soprattutto italiane. Molto piacevole girare tra la folla la sera. Infine scegliamo il Tabule, ristorante libanese con cucina italiana dove ceniamo leggero mangiando due ottime capresi. Passeggiamo per il quartiere e poi, dopo aver atteso venti minuti il passaggio di un treno merci lungo 2 miglia, rientriamo in Hotel e andiamo a dormire sereni.
Giovedì 15
Sveglia e tranquilla prima colazione con the, toast e frutta. Poi passando dalle piscine dell'hotel usciamo da un piccolo cancello sulla pista pedonale che costeggia il porto. Il cielo è livido e c'è un po' di vento, ma la passeggiata è bella e improvvisamente appare il sole. Arriviamo dopo 20 minuti al museo della marina dove ci aspetta la grande portaerei Midway, che vogliamo visitare. Perfetta organizzazione all'americana: acquistiamo i biglietti e saliamo a bordo dove veniamo accolti dai veterani che fanno da guide. Seguiamo il percorso della visita segnato da cartelli numerati ai quali corrispondono dettagliate descrizioni attraverso gli auricolari. Appassionante! Dall'hangar sotto la pista dove sono parcheggiati aerei di varie epoche con la storia fotografica delle prime portaerei, passiamo a visitare gli alloggi dei marinai, degli ufficiali, le cucine, i servizi e poi andiamo sul ponte di atterraggio dove sono posizionati aerei recenti compresi i famosi aerei radar AWACS e alcuni elicotteri.
Visitiamo poi
the isle cioè la torre di controllo dove su lavagne di vetro sono ancora segnate le ultime missioni di bombardamento compiute nella prima guerra del Golfo. Ci hanno colpito le camerate strettissime dei marinai, con letti a castello e gli spazi ridottissimi. Ma neppure i guardiamarina stavano larghi, solo gli ufficali superiori e l'ammiraglio comandante avevano spazi vivibili. Come potessero passare mesi in navigazione in quelle condizioni è un mistero. Salutata la Midway abbiamo passato in rassegna le altre navi del museo all'aperto,un brigantino ottocentesco ed un grosso sottomarino russo, ma non siamo saliti a bordo. Siamo poi andati a pranzo a little Italy alla
Filippi's pizza grotto, dove abbiamo mangiato ottimamente in un ambiente italo-americano molto caratteristico, con drogheria e salumeria all'entrata ed un grande ristorante all'interno con tovaglie a quadretti rossi e bianchi ed il vetro di centinaia di fiaschi vuoti appesi al soffitto. Era pieno di gente ma abbiamo mangiato bene serviti con rapidità.
Dopo pranzo siamo tornati verso il Marriott e Mariella è andata dal parrucchiere (30$ shampoo e asciugatura) . Più tardi passeggiamo intorno al monumentale Centro Congressi con frotte di medici dell' American Academy of Dermatology riuniti per il loro meeting annuale. Tutti con il badge appeso al collo: senza badge qui non sei nessuno.
Passiamo davanti all'Hilton Marina e poi all'imponente stadio di baseball dei
Padres, la squadra di San Diego. Bighelloniamo sulla sesta strada che non avevamo ancora visto dove ci attira in particolare un negozio di abiti ed accessori anni cinquanta ispirato a Betty Page, la prima Pin Up. Visitiamo una galleria d'arte con dipinti molto grandi e coloratissimi e sculture divertenti ma con prezzi molto elevati.
Infine decidiamo di andare a cena al ristorante Asti dove passiamo una bella serata. Poi dopo la passeggiata tra la folla della notte sbirciando i pubs ed i locali di musica live andiamo a dormire.
Venerdì 16
Il mattino dopo, colazione,
check out express, carichiamo le valige e partiamo per Las Vegas a 325 miglia. All'uscita della città faccio benzina (gasoline) e dopo un primo errore nell'interpretare le indicazione del navigatore mi immetto correttamente sulla interstate 15 North. L'auto è comodissima e viaggiamo tranquilli rispettando i limiti di velocità che sono tra le 55miglia e le 70 miglia. La strada è ampia e bella e superati i lavori in corso presso Barstow che rallentano un poco, viaggiamo veloci e fluidi tra paesaggi che variano, pianure e vallate fino ai passi che ci portano verso il deserto del Mojave.
Verso l'una ci fermiamo a fare benzina e a mangiare un boccone in un buon ristorante vicino alla stazione di servizio: fish & chips come sempre ottimi. Ripartiamo tranquilli e facciamo le ultime 150 miglia nel deserto, incontriamo anche piccoli insediamenti polverosi e ci chiediamo come si possa sopravvivere in questi luoghi. Qualche miglio prima della città passiamo davanti ad un grande building il Bufalo Bill Resort e Casino che promette vincite per milioni di dollari. Non ci facciamo distrarre e finalmente arriviamo a Las Vegas, percorriamo per la prima volta la famosa Strip, la via dove sono concentrate tutte le più grandi attrazioni ed arriviamo direttamente al Trump Hotel.
Un bel grattacielo dorato ci accoglie con la massima efficienza: macchina al Valet, valige sul porter e chiavi della camera in 2 minuti. Siamo al 12mo piano e dal corridoio dove si apre una porta entriamo in una prima anticamera privata in comune a due stanze e poi entriamo nella nostra camera...... o meglio nel nostro appartamento, molto grande, con la cucina a parete, il bagno con jacuzzi, doccia e doppi lavandini. Ci divertiamo ad esplorarla (c'è perfino un televisore incorporato nello specchio del bagno ed una grande cabina armadio ) e ci sistemiamo. Poi scendiamo nella hall e prendiamo lo shuttle dell'Hotel che ogni quarto d'ora porta gratuitamente i clienti al Caesar Palace sulla Strip. Saliamo con la scala mobile in un ambiente dell'antica Roma imperiale, con statue a grandezza naturale e una strada romana perfettamente ricostruita sulla quale si aprono sfavillanti negozi e ristoranti. Il cielo è dipinto in azzurro con nuvole ed è talmente realistico da sembrare vero. Ci incamminiamo sbalorditi fino ad arrivare alla piazza con al centro una fontana romana in grandezza naturale circondata da palazzi che ricordano le piazze di Roma ed i suoi monumenti. Dalla piazza si dipartono strade a raggiera sullo stesso tema che invitano al passeggio. Fantastico! Talmente kitch da diventare sublime. Passiamo poi dal casinò dove migliaia di giocatori a tutte le ore si affannano dietro le slot machines, le roulettes e una miriade di tavoli da gioco per il poker, i dadi. Più avanti una sala scommesse gigantesca con migliaia di persone davanti ai computer e sui maxi schermi le partite di basket sulle quali puntare.
Poi usciamo e scopriamo che per passare da un lato all'altro delle strade sono a disposizione alti ponti raggiungibili con scale mobili.
Così passiamo dal Caesar Palace al Bellagio che ha davanti un pezzo del lago di Como sul quale a sera si possono vedere giochi d'acqua a suon di musica. Solito mall lussuoso con tutte le grandi firme, i locali e le enormi sale del casinò. Usciamo sulla Strip che attraversiamo e scopriamo sull'altro lato una versione più popolare e rumorosa della folla che cammina sui marciapiedi. Girano gruppi di ragazzi e ragazze con improbabili parrucche colorate e magliette verdi come quelle dei leghisti nostri. Poi scopriamo che domani è la festa di San Patrizio patrono d'Irlanda e tutti si sentono irlandesi, anche gruppi di ragazzi di colore passeggiano in maglietta verde con in mano i tipici bicchieroni di birra lunghi fino a terra.
Cerchiamo l'Hard rock cafè ovviamente verso nord mentre domani sapremo che è a sud, tentiamo anche di entrare in un ristorante francese sotto la tour Eiffel, (troppa gente e troppo da aspettare) e poi ritorniamo al Caesar Palace. Finalmente a fianco della fontana di Trevi troviamo un tavolo libero nel tipico ristorante romano sulla piazza. Dopo una breve attesa finalmente ceniamo tranquilli. Poi scendiamo a riprendere la navetta che ci riporta al Trump.
Sabato 17
Sveglia e colazione in hotel, verifichiamo su internet l'indirizzo dell'Hard Rock cafè, andiamo sulla strip con la navetta e poi scendiamo a piedi verso sud fino alla nostra meta. Facciamo gli acquisti e poi visitiamo al Planet Hollywood sia il casinò che il mall dove le strade sono sempre con il cielo azzurro con le nuvolette dipinte, mentre le imponenti scenografie arabeggianti, i castelli crociati sulle colline e l'aria da bazar arabo svelano il precedente nome: Aladdin. Grandi ristoranti aperti da cuochi famosi lavorano accanto a svelti fast food. Vediamo anche le piscine esterne che richiamano gli stabilimenti balneari con cabine di legno e tetti azzurri.
Verso l'una ritentiamo al ristorante Mon Ami Gabi sotto la tour Eiffel e pranziamo ottimamente con piatti della cucina francese rivisitati in quantità e condimenti secondo il gusto americano (80$).
Poi andiamo a visitare il Venice e restiamo senza parole. Fuori il campanile di San Marco in grandezza naturale, la facciata del palazzo ducale con un tipico canale veneziano. Dentro una hall grandiosa con pavimenti bellissimi ed un Tiziano che tiene tutto il soffitto. Saliamo sulle scale mobili ed entriamo in una calle veneziana con il ponte dei sospiri sopra la testa ed .... un vero canale veneziano. All'imbarcadero i gondolieri in divisa portano a spasso i turisti su gondole elettriche. Il canale è costeggiato da calli con negozi e ristoranti. Il solito cielo dipinto sul soffitto sembra più vero di quello vero. ponti e ponticelli portano la folla da una riva all'altra.
Infine una piazza San Marco stupefacente con i tavolini dei locali affollatissimi. Una Venezia da sogno!
Passiamo camminando all'interno al building del contiguo hotel Palazzo dove una cascata che deriva dal canale soprastante alimenta una scenografica fontana a piano terra. Una coppia di sposi si fa fotografare con gli invitati in abito da cerimonia. Il mall è lussuoso ma poche persone si aggirano nei grandi corridoi dove scopriamo tra le altre una boutique del Billionaire con giacche da uomo luccicanti di lustrini.
Usciamo, riprendiamo la navetta e ritorniamo in Hotel anche perchè inizia a piovere e tira un bel vento.
Cosa dire: la grandiosità degli ambienti, la cura dei particolari e la gente che affolla negozi e ristoranti danno la sensazione al visitatore di un mondo decisamente reale. E' un kitch talmente grandioso e vissuto da diventare autentico.
Ci riposiamo un'oretta e poi decidiamo di uscire per vedere lo spettacolo dell'eruzione vulcanica al Mirage. Invece di prendere la navetta, entriamo nel Fashion Mall di fronte al Trump e dopo una bella camminata all'interno tra negozi e ristoranti ci ritroviamo sulla strip. Piove e dopo aver visitato il Casinò usciamo e ci uniamo alla piccola folla davanti al lago in attesa dello spettacolo. Dopo venti minuti di attesa ce ne andiamo, infatti dopo un tentativo di avvio il vulcano si spegne. Nel ritorno passiamo davanti ai galeoni dell' Isola del tesoro e poi andiamo a cena da Maggiano's un locale pieno di gente dove aspettiamo una buona mezz'ora prima di sederci al tavolo. Cucina italiana intepretata all'americana (spaghetti con polpette annegate in un mare di pomodoro). Due attempati musicisti con fisarmonica e violino eseguono su mia richiesta
Malafemmena che dedico a
Mariella. Finita la cena (55$) ritorniamo all'hotel passando per il Fashion mall, dove i negozi sono tutti chiusi e usciamo dal parcheggio di fronte al Trump. Bella serata e andiamo a dormire.
Domenica 18
Facciamo colazione a buffet (30$), il
check out espress dal televisore della camera e carichiamo le valige in macchina. Appena fuori Las Vegas facciamo gasoline (50$)e poi imbocchiamo la NV 160 fino a Pahrump dove imbocchiamo la CA 190 fino a
Furnace Creek (120 miglia totali). Ci fermiamo all'inizio del parco dove c'è un totem per i biglietti vicino all'immancabile
rest-room. Incontriamo tre ragazzi di Brescia anche loro alla scoperta della California. Insieme non veniamo a capo del pagamento automatico per cui decidiamo di andare a pagare direttamente alla
stazione dei Rangers al Visitors Center.
Il paesaggio è incredibile, colline di borace bianco, montagne nere di lava e rocce colorate, il fondo bianco di sale del lago prosciugato, il deserto con i cespugli secchi. Sulla scorta delle indicazioni della
Lonely planet vero manuale delle giovani marmotte, Mariella mi guida verso
Dante's view, 20 miglia asfaltate e tortuose che ci portano a oltre 1600 metri sulla cresta che si affaccia sulla bianca depressione della Death Valley. Qualche pazzo arriva in bicicletta distrutto dalla salita. Lo spettacolo del letto del lago asciutto con la Sierra Nevada sullo sfondo è impressionante.
Poi ritorniamo e ci infiliamo nel
Twenty Mule Team Canyon un percorso ad anello su strada bianca tipo ottovolante in mezzo alle colline di borace. Ritorniamo sulla 190 ed andiamo a
Furnace visitor center passando davanti al nostro hotel. Visitiamo il museo del borace ed acquistiamo un poster con la
Dance of Mules , andiamo alla sede del parco nazionale e paghiamo l'entrata (20$) ai rangers, che ci danno un contrassegno giallo valido 7 giorni da mettere sul cruscotto. Il paesino è costituito da poche casette polverose, dal Ranch con bungalows e piscina, dal parco con le palme, da un distributore di benzina e da un enorme parcheggio al di là della strada occupato da un centinaio di mastodontici campers con attaccati dei Suv.
Torniamo all'hotel il
Furnace Creek Inn che è sopra una collina ed in cui si entra da un tunnel che parte dal parcheggio a livello strada e porta con un ascensore fino alla hall. Ci viene assegnata una spartana camera con camino. Davanti abbiamo la grande terrazza che sovrasta i quattro campi da tennis, la piscina ed il piccolo palmeto oltre il quale inizia il deserto.
In lontananza il V
isitor center e qualche miglia più avanti il villaggio degli indiani Shoshone. Sistemati i bagagli usciamo in auto a visitare Zabriskie Point, poi Badwater a 84,6 mt. sotto il livello del mare, il Devil's golf course, il Devil's corn field, le dune di sabbia di Mesquite flat e poi dopo oltre 20 miglia di strada in mezzo al nulla il
Mosaic Canyon dopo
Stovepipe Wells, un altro paesino sperduto con una stazione di servizio, un General Store , un hotel con bungalows ed un saloon con il ristorante. Più il solito parcheggio per i bus-campers. In queste immensità ogni cosa si perde e diviene piccolissima, anche le persone.
Ormai sono le sei e con l'imbrunire si alza un vento freddo, per cui andiamo al saloon e dopo una breve attesa ci sediamo per la cena. L'ambiente è autenticamente rustico, alle pareti sono attaccati i manifesti di tutti i films che hanno per protagonista la Death Valley, il cibo è ottimo (60$) ed il servizio molto solerte.
Usciamo ed è buio pesto, solo la stazione di servizio e l'ingresso del General Store sono illuminati. Le 20 miglia di ritorno a Furnace Creek sono nel nero assoluto interrotto da qualche faro delle pochissime auto che incrociamo. Il cielo è stellato e in camera dormiamo come sassi.
LUNEDI 19
La mattina, colazione alle otto (25$) , check out veloce visto che ci aspettano più di 500 miglia. Facciamo benzina (50$) e poi ci arrampichiamo per tre passi tutti oltre i 4000 piedi (1300 metri) tra paesaggi surreali e continuamente variati, montagne vulcaniche, altopiani desertici con gli strani Joshua trees, pianure bianche di sale.
Poi costeggiamo il lake Isabella e ci addentriamo nel tortuoso canyon del Kern River ai margini del Sequoia Park fino a Bakersfield dove riprendiamo la FWY CA 5 verso nord. Dopo oltre 60 miglia (la superstrada passa in mezzo ad un allevamento di bovini (decine di migliaia che fanno una puzza orribile per chilometri) senza vedere una stazione di servizio e con l'ago della benzina sulla riserva (Ma perchè non l'ho fatta a Bakersfield??) comincio a preoccuparmi poi improvvisamente si vedono i cartelli che indicano punti di rifornimento e di ristoro alle uscite. Ci fermiamo, faccio benzina e poi entriamo in un Subway dove ci facciamo preparare un buon panino all'italiana (prosciutto, sottiletta e pomodoro senza salse) e ci beviamo una coca cola.
Ripartiamo notando il contrasto tra vaste estensioni di terra desolatamente arse ed altre con prati verdissimi, vigne e frutteti. Poi ai lati dei campi riarsi leggiamo i cartelli di protesta degli agricoltori verso il congresso e la speaker Peluso per una nuova legge che asseta i territori.
Malgrado le tante miglia non siamo stanchi, la varietà dei paesaggi, le belle strade e la comoda vettura ci rilassano. Arrivati a Oakland il traffico si infittisce, paghiamo il pedaggio (6$) sul Bay Bridge che attraversa tutta la baia fino a San Francisco ed usciamo a Freemont Avenue, dove il navigatore impazzisce: ad ogni incrocio dichiara il ricalcolo del percorso per cui lo spengo perchè mi crea confusione. Per fortuna siamo nel Financial District e proseguendo ad intuito incrociamo la California Street dove al 500 ci aspetta l'Omni Hotel. Check-in rapidissimo, la nostra camera è al terzo piano del grattacielo, sono le 18,30, e tutto va bene.
Fuori passano i cable cars (i tipici tram trainati da funi) e dall'altra parte della via svettano i più alti grattacieli della città. Ci sistemiamo nella camera, non grandissima ma comoda ed appartata. Dopo esserci rilassati decidiamo di cenare in Hotel e andiamo al ristorante al piano terra. C'è abbastanza gente e ci viene dato un tavolo vicino alla vetrata che guarda sulla via piena di gente indaffarata. Facciamo poi quattro passi in salita ed arriviamo a Chinatown, ma fa frescolino e tira vento, i negozi sono in chiusura e non c'è nessuno in giro per cui ritorniamo in albergo.
MARTEDI' 20
Dopo colazione acquistiamo in albergo il
'visitor passport' (18$) che per tre giorni ci da il libero utilizzo della rete di trasporto Municipale (Muni) e decidiamo di fare l'itinerario a piedi proposto dalla Lonely planet. Prendiamo per due fermate la cable car (la funicolare) che ci porta alla Dragon Gate, poi a piedi attraversiamo l'indaffarata Chinatown e ci inoltriamo nei luoghi mitici di San Francisco, la zona culturale con le famose librerie, il vicolo di
Kairouac, i caffè letterari come il Trieste, le scalinate in mezzo ai fiori per arrivare alla
Coit Tower con la sua fantastica vista sulla città e sulla baia, ci sediamo sulle panchine di Washington square, passiamo i locali italiani di Columbus Avenue (con i cartelli stradali che la indicano anche come
Corso Cristoforo Colombo) ed il piccolo parco di Russian Hill con le panchine dei poeti alla fine di una faticosa scalinata con una stupenda vista dall'alto.
Abbiamo camminato per tutta la mattina salendo in solitaria lungo le scalinate circondati da belle case, poi in vicoli stretti ed affollati respirando l'atmosfera della città lungo i saliscendi delle colline.
Verso l'una scegliamo un locale italiano
Mona Lisa con la tipica cucina italo-americana (60$) a cui siamo ormai abituati e conosciamo il proprietario, calabrese verace che ci racconta orgoglioso un po' della sua esperienza tra i due mondi. Nel pomeriggio andiamo a piedi alla vicina Union Square, il centro dello shopping con un piccolo giardino in mezzo pieno di muretti per sedersi e di caffè all'aperto.
Poi andiamo all'imbarcadero e prendiamo il tram che ci porta lungo la costa fino al Pier 39
la famosa trappola per turisti con negozi e ristoranti di tutti i tipi e dove vive la colonia di leoni marini
che ne occupano alcuni pontoni per la gioia dei bimbi. Compriamo poster, visitiamo un negozio che vende memorabilia, una lettera autografa di George Washington, foto di attori famosi firmate, palloni di basket con le firme dei giocatori vincitori di un NBA e perfino un collage di foto dell'assassinio di Kennedy. Il tutto a prezzi che vanno da 2.500 a 50.000 dollari. Visitiamo il negozio tutto cioccolato della catena Ghirardelli, a cui è intitolata anche una piazza della città.
Riprendiamo il tram e con stupore siamo su di un tram originale di Milano degli anni 50, con i sedili in legno e le scritte in italiano. Scopriamo così che a San Francisco fanno collezione dei tram originali di tutto il mondo che vengono mantenuti in servizio su questa linea: fantastico!
Torniamo in hotel su di un cable car seduti all'esterno, con Mariella molto preoccupata di non scivolare fuori. Ci rimettiamo in ordine ed usciamo per andare a pochi passi al ristorante di Michel Mina, locale affollato da bella gente elegante e dove apprezziamo l'eccellente cucina e la grande cura per il cliente. Alta cucina ad un prezzo giusto (128$). Facciamo una riflessione sui prezzi dei nostri ristoranti stellati dove quello che qui abbiamo speso in due non basterebbe neppure per il coperto. Felici e contenti ci ritiriamo nel nostro letto.
MERCOLEDI' 21
Facciamo prenotare al Concierge la visita ad Alcatraz nel tour che parte alle 12,00 e poi andiamo con calma alla fermata del tram che ci porta fino al Pier 39 dove passeggiamo e poi ritorniamo a piedi alla partenza del traghetto per Alcatraz al Pier 33 e ci imbarchiamo. La visita è ben organizzata, un auricolare in italiano guida attraverso i corridoi della prigione e racconta la vita del carcere vista con gli occhi di quattro guardie e quattro carcerati. Rievoca gli episodi della sanguinosa rivolta, dell'unica fuga forse riuscita, della vita delle famiglie dei direttori sull'isola. Poi visitiamo gli uffici ed i giardini fuori dalla prigione. Un impatto emotivo molto forte.
Scappiamo dall'isola e riapprodiamo al Pier 33, ritorniamo a piedi fino al 39 ed andiamo a mangiare quando sono le 4 p.m. allo Swiss San Louis (52$) in un tavolo con vetrata su tutta la baia e vediamo la nebbia salire sotto il Golden Gate fino a coprirlo tutto. Poi passeggiamo verso Ghirardelli square e risaliamo per il la Jefferson street tra ristoranti, pub, locali e negozi. C'è anche uno dei fornai che fanno il famoso Sordough bread (pane con lievito madre) fino a ritornare alla fermata del tram che ci riporta in centro. Mariella va dal parrucchiere Diva International in One Market plz. (50$)
La sera andiamo verso l'imbarcadero per cenare, ma tutti i locali del mall sono chiusi, per cui in alternativa scegliamo il grande ed affollato ristorante Osha Thai sulla piazza . Bel locale, bella gente e dopo aver ordinato un brodo di pollo molto piccante scegliamo due piatti al buio, ma siamo fortunati buona cena per 82$. Passeggiata tranquilla fino a casa.
GIOVEDI' 22
Colazione in compagnia dei partecipanti allo Hewlett Packard Social Forum, arrivati da ogni parte del mondo, e decidiamo di andare al Golden Gate Bridge. Dopo un attento studio su internet prendiamo l'autobus n. 1 che parte dall'angolo dietro l'albergo e chiediamo conferma all'autista della nostra destinazione. Ci rassicura e infatti dopo 6 miglia ed un infinità di fermate ci fa scendere all'incrocio con Park Presidium Boulevard e ci indica di continuare prendendo il bus n. 28 con il quale infatti dopo mezz'ora raggiungiamo il mitico ponte. C'è il sole ma anche un forte vento ed il mare è molto agitato. Camminare sul Golden Gate Bridge è emozionante. Il forte ed umido vento fa desistere Mariella che ritorna indietro mentre io proseguo intrepido fino al primo gigantesco pilone.
Scatto belle fotografie e poi ritorno anch'io indietro. Insieme scendiamo sotto il ponte passando per il sentiero del parco e arriviamo fino a Fort Point, il forte che con i suoi cannoni proteggeva l'entrata alla città. Risaliamo e riprendiamo il bus 28 che però dopo un giro vizioso ci riporta dove eravamo partiti per poi fermarsi al capolinea subito dopo.
Stop Stop Stop! L'autista ci fa scendere e ci indica di prendere il successivo bus - sempre n. 28- in attesa più avanti. Un po' disorientati saliamo, chiediamo conferma al nuovo autista della direzione verso il Golden Gate Park che laconicamente ci conferma e ci indica di sedere fiduciosi. Infatti il bus, diversamente dal precedente, imbocca il tunnel e rientra in città facendoci scendere esattamente all'entrata del parco. Entriamo da un sentiero tra gli alberi e ci troviamo nel giardino delle rose, poi arriviamo al grande edificio del De Joung Museum che visitiamo (10$). Modernissimo e fantastico contiene raccolte di arte africana, Maya, pellerossa , delle isole del Pacifico e quadrerie dell'ottocento americano. Poi saliamo sull'alta torre e ci godiamo la vista del parco e della città intorno. Scendiamo al ristorante del museo e pranziamo (47$) guardando dalle vetrate i giardini esterni che iniziano a fiorire.
Poi andiamo al California Academy of Sciences di Renzo Piano (48$ l'entrata per due) dove nel planetario seguiamo lo spettacolo della nascita della vita sulla terra. Successivamente visitiamo la foresta pluviale dove le farfalle tropicali volano libere. L'aria è soffocante e dopo pochi minuti devo uscire di corsa. Scendiamo poi a vedere il grande acquario, i diorami con pinguini e gli animali della fauna americana. Visitiamo il famoso tetto ecologico e usciamo per andare ai giardini giapponesi del the - Hagiwara tea garden- , dove per avere lo sconto senior (65 anni compiuti) Mariella mostra la carta d'identità mentre io dichiaro di non avere la mia e mando la cassiera in confusione totale sparando numeri a caso invece della mia data di nascita. Alla fine si arrende e fa entrare tutte e due con i 5$ a testa della tariffa senior.
Molto belli i giardini con i laghetti zen e le piccole pagode sparse nel boschetto, incrociamo anche una coppia di sposi con i fotografi ufficiali che li ritraggono tra i fiori.
Riprendiamo ancora il bus n. 1 e ritorniamo in albergo notando che la maggioranza dei passeggeri dei mezzi pubblici è asiatica. Mi colpisce però una signora bianca, elegantissima che mi si siede di fronte con la sua magnifica borsetta in perfetta posa da signora bene.
La sera andiamo al
Tadich grill, tipico locale americano, dove dopo quasi tre quarti d'ora di attesa al bar ci assegnano un bel tavolo ed un esperto cameriere. Quando Mariella ordina un branzino, le spiega che quel pesce ha occhi, testa, lische, pinne e squame e non lo ritiene adatto per lei, mentre le suggerisce un filetto altrettanto buono e facile da mangiare. Mariella un po' stupita si convince e resta soddisfatta del cambio. Nonostante la lunga attesa, che gli avventori passano al bar bevendo martini come nei films, la cena è ottima e l'ambiente vivace (92$). Passeggiatina nella fresca serata e tutti a nanna.
VENERDI' 23
Colazione, check-out express e seguendo le indicazioni del navigatore puntiamo verso sud, ci aspettano 350 miglia fino a Santa Barbara. Nei pressi dell'aereoporto c'è un rallentamento facciamo quasi un'ora a passo d'uomo. Passiamo da Palo Alto e poi più avanti facciamo benzina vicino a Santa Cruz e proseguiamo spediti fino a Monterey bay.
Qui parcheggiamo vicino al pier dove andiamo a mangiare da
Isabella's guardando i turisti che si imbarcano per andare ad ammirare le balene al largo.
Riprendiamo la strada e invece di fare la costiera ci ritroviamo sulla 101 che è più veloce anche se meno spettacolare.
Alle 18,00 arriviamo al nostro Hotel, davanti al pier di Santa Barbara. Ci sistemiamo in una tranquilla camera con balcone. Faccio la doccia e siamo pronti per andare a cena.
Consultiamo la guida che ci consiglia entusiasta il
Brophy Bros Clam bar and Restaurant sul porto.
Mentre l'oscurità arriva camminiamo lungo il Cabrillo boulevard deserto verso il lontano
yacht club. Il locale è al primo piano di un casotto di legno sul molo, il lungo il bancone del bar è pieno di gente con il bicchiere in mano che pilucca piatti di cozze e gamberi . La cucina è a vista ed i tavoli sia all'interno che sulla terrazza sono tutti occupati.
Ci danno il cercapersone e nell'attesa facciamo un giro per il porto. Dopo mezz'ora ritorniamo all'entrata e chiacchieriamo piacevomente con un gruppetto di ragazzi del luogo anch'essi in attesa sulle scale che ci consigliano di provare il piatto di sea bass. Poi saliamo e finalmente ci danno un tavolo. Le cameriere sono tutte ragazze giovani e svelte, e devo dire che il filettone di pesce cotto sulla piastra che mi viene portato è eccellente. Dopo cena rifacciamo la passeggiata verso l'albergo in una notte piena di stelle lungo l'oceano.
SABATO 24
Ultimo giorno: ci svegliamo di buon'ora e facciamo colazione. Andiamo a visitare il pier di Santa Barbara sotto un cielo plumbeo, e poi entriamo nella cittadina e visitiamo la Missione Francescana mentre il cielo si apre e appare un sole sempre più convinto.
E' un tipico convento spagnolo del ' 600 che i frati hanno restaurato, con una bella chiesa ed un piccolo ma interessante museo della vita monastica coloniale. Poi andiamo in centro e visitiamo il palazzo del tribunale, costruito nel 1920 con architettura ispirata ai palazzi spagnoli. Dalla torre con l'orologio appare tutta la cittadina con i tetti rossi e le belle case bianchissime circondate da giardini lussureggianti che dalla collina scendono fino all'oceano. Facciamo benzina (30$) e poi andiamo verso Los Angeles arrivando puntualmente per pranzo a Santa Monica. C'è molto traffico e vicinissimo al famoso Pier troviamo parcheggio sotto il ristorante Lobster. Pranziamo in una sala affollata con vetrate che dominano la grande spiaggia. Facendo onore la nome del locale, ai tavoli vicini vengono servite soprattutto enormi aragoste. Io mi faccio un monumentale piatto di linguine al nero di seppia in zuppetta di frutti di mare e Mariella che non si fida, e fa male, si prende un enorme petto di pollo innaffiato da un ottimo bicchiere di merlot della Napa valley. (totale 101$) .
Poi andiamo a smaltire facendo un giro sul mitico pier , dove c'è una grande folla, i bimbi sulle giostre, i ragazzi sulle montagne russe e gli adulti sulla ruota panoramica. Scopriamo che su questo antico molo finisce la famosa R
oute 66 che parte da Chicago.
Poi andiamo alla 3a strada promenade, chiusa al traffico e piena di negozi come via Montenapoleone. Alla fine riprendiamo l'auto e ci facciamo guidare dal navigatore fino alla Dollar dove riconsegnamo l'auto. Mi fanno notare un piccolo botto sul paraurti posteriore, che deve essere stato fatto da qualche Valet in garage, ma abbiamo sottoscritto l'assicurazione
total damage protection e non abbiamo alcun problema. Poi ci accompagnano in aereoporto dove senza fare code lasciamo le valige al
Lufthansa drop point molto efficiente. Passiamo rapidamente i controlli in uscita e con molto anticipo aspettiamo l'imbarco nel gate ancora deserto. Il decollo è in perfetto orario e dopo un volo molto confortevole di 10 ore e mezza arriviamo a Monaco. Il trasferimento al gate per l'Italia richiede di attraversare mezzo aereoporto per cui quando ci arriviamo inizia l'imbarco. Con precisione tedesca sono le 20,20 quando siamo a Malpensa, lo shuttle ci porta al jet park dove ritiriamo l'auto e imbocchiamo l'autostrada. Meno di un'ora e arriviamo a casa dove Dylan ci accoglie festante alle 22,30. Andiamo a letto stanchi e malgrado il jet lag riusciamo a dormire tutta la notte. Il mattino dopo siamo ancora sfasati; recuperare 9 ore di fuso da ovest ad est richiederà alcuni giorni.
Che dire, la California vista da vicino è ancora più appassionante di quanto lo fosse nell'immaginario, per cui continuo a ..... sognare California.